I funerali di Benedetto XVI: nell’omelia Bergoglio lo cita solo una volta

A San Pietro le esequie di Joseph Ratzinger, il papa emerito che aveva rinunciato al pontificato

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bergoglio Ratzinger

Il giorno del funerale. Venuto a mancare la mattina del 31 dicembre 2022, Benedetto XVI nelle ultime ore ha ricevuto l’omaggio in San Pietro di oltre 200mila fedeli, un afflusso molto più alto di quello previsto dalla prefettura romana che aveva organizzato la sicurezza per l’evento. È l’addio al papa tedesco. L’addio al papa teologo. L’addio al papa emerito, il primo – dopo centinaia di anni – a rinunciare al ministero petrino. Il primo a rimanere “vestito di bianco” a vivere in una sorta di ritiro monacale all’interno delle mura del Vaticano.

Da giorni la Santa Sede lavora al protocollo per questi funerali. La situazione è complicata, vista la coesistenza dei due papi e il fatto che non è morto un pontefice regnante. Per questo, il Vaticano non è in lutto totale e le attività quotidiane non sono state rimandate. A celebrare le esequie del suo predecessore sarà lo stesso papa Francesco. La piazza, nonostante la giornata non limpida di Roma è piena di migliaia di fedeli e centinaia tra vescovi, cardinali e preti. Delegazioni ufficiali sono arrivate da tutto il mondo in maniera volontaria: non trattandosi di funerali di Stato, visto che il pontefice regnante è ancora in vita, il Vaticano aveva invitato solo le rappresentanze tedesca e italiana. Alla fine però si sono accreditati in moltissimi tra capi di Stato, Re e principi. Per l’Italia sono presenti il presidente Sergio Mattarella, il premier Giorgia Meloni e alcuni membri del governo, tra cui Gennaro Sangiuliano.

Per approfondire

Le spoglie di Benedetto XVI verranno poi portate nelle grotte vaticane dove il papa emerito riposerà nella tomba che fu di Giovanni Paolo II. La bara di cipresso verrà prima chiusa in una bara di zinco e poi in una cassa di legno, dunque tumulata. All’interno sono già stati inseriti tutti i simboli che da secoli la Chiesa seppellisce con i papi, compreso una “riassunto” del suo pontificato scritto in una pergamena rinchiusa in un cilindro.

Il decesso di Benedetto XVI adesso “normalizza” la situazione dei due papi, certo. Ma rischia di riaprire lo scontro tra tradizionalisti e progressisti. Ieri padre Georg, che ha accompagnato Benedetto in questi ultimi 10 anni di vita ritirata, ha detto che la decisione di Bergoglio di cancellare la messa in latino “gli spezzò il cuore”.

L’omelia di Bergoglio

Durante l’omelia, letta da papa Francesco, il papa regnante ha citato per nome una sola volta il pontefice emerito verso la fine di un breve discorso sull’essere pastori del gregge di Cristo. “Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”. L’omelia del Santo Padre si è poi conclusa così: “Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”.

L’omelia di Francesco ha già fatto storcere il naso ad alcuni conservatori. “Non posso credere a quello che ho sentito: non una parola sull’immensa eredità di BXVI – dice Rod Dreher, redattore del The American Conservativ – In effetti, ha appena menzionato l’uomo, tranne brevemente alla fine, per dire “Ciao!”. Che atto vergognoso. Un segno di immensa mancanza di rispetto”. E ancora: “Lo scandalo non è quello che ha detto Francesco, ma quello che non ha detto. Avrebbe potuto tenere più o meno la stessa omelia funebre per il suo maggiordomo”.

Va anche detto che la figura del pastore era molto cara a Benedetto XVI. E che all’interno dell’omelia Francesco usa per quattro volte delle citazioni prese da precedenti discorsi del suo predecessore.

Il testo integrale dell’omelia di papa Francesco

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Sono le ultime parole che il Signore pronunciò sulla croce; il suo ultimo sospiro – potremmo dire –, capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: «Guarda le mie mani», disse a Tommaso, e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso.

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» è l’invito e il programma di vita che sussurra e vuole modellare come un vasaio il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù. Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: “Tu mi appartieni… tu appartieni a loro”, balbetta il Signore; “tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore. Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue”. È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi. La synkatabasis totale di Dio.

Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge.

Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità. In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia. Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio: «Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza».

Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo, nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre.

Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò lau sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita.

San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli questa compagnia spirituale: «In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi». È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato.

È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”.

Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!

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