Politica

I geni di Harvard sragionano: “Tutta la colpa è di Israele”

Le associazioni studentesche dell’Università di élite si schierano con i palestinesi. Bufera negli Usa

Havard Israele

“Israele è interamente responsabile di tutta la violenza in corso”. Ebbene no, questo non è uno slogan dei neo-figli dei fiori del Manzoni, né un coro dei settantenni rastoni alla manifestazione della Cgil. È la frase iniziale della lettera aperta firmata il 9 ottobre da trentacinque organizzazioni studentesche di Harvard (ora sono trentatrè, due di loro, tra cui Amnesty International at Harvard, hanno ritirato la sottoscrizione l’indomani).

Harvard non è un’università come le altre, sotto le sue volte austere sono passati otto presidenti americani, Bill Gates, Henry Kissinger, Robert Oppenheimer e decine di altri protagonisti della storia, ha un fondo di dotazione di 50 miliardi di dollari l’anno e detta linee di pensiero che vengono assimilate dalla politica, dalla moda, dalla cultura di massa. I dipartimenti di scienze umane di Harvard e della Ivy League (ovvero il gruppo delle 8 grandi università private del Nord-Est) sono culla e incubatrice dell’ideologia woke, della cancel culture, delle teorie sul genere, uniti dal comune denominatore dell’antioccidentalismo.

Leggendo i papers delle loro prestigiose riviste (dove, ad esempio, il prof. Louis A. Leyva ci spiega che la matematica è una disciplina sessista) possiamo capire se il tema di discussione del Festival di Sanremo del prossimo anno sarà l’eteropatriarcato o l’impatto del cambiamento climatico sulla bilesbotransfobia. In ogni caso, l’Europa e gli Stati Uniti sono finiti, e non resta che aspettare il 2045, l’anno zero della supremazia occidentale, la data in cui i bianchi non saranno più la maggioranza negli Usa, e allora sarà una pacchia. Sono argomenti che fanno sorridere ma che vengono presi molto sul serio, e che indicano chiaramente la dottrina antioccidentale a cui bisogna votarsi per essere arruolati nell’esercito dei buoni. Purtroppo, dove c’è antioccidentalismo c’è filoislamismo, e dove c’è filoislamismo c’è antisemitismo. Ma siccome l’antisemitismo è cosa da fascistoni bianchi, la linea dominante per stare dalla parte giusta è che gli esseri umani sono tutti uguali, è lo stato di Israele ad essere cattivo.

Oggi i nodi vengono al pettine. Il compianto Jonathan Sacks aveva ripetuto all’infinito che nei secoli lontani l’antisemitismo colpiva la religione ebraica, dall’illuminismo in poi ha colpito la “razza” ebraica, oggi colpisce lo stato ebraico. Forti del senso di impunità dato da anni in cui il New York Times e le celebrities le hanno coccolate e nutrite, le stesse organizzazioni studentesche che incitavano all’insurrezione dopo la morte di George Floyd non ci hanno pensato due volte a dare ai milleduecento massacrati la colpa del massacro dell’8 ottobre.

Questa volta, però, non sta andando tutto liscio. Un uragano di polemiche da parte di giornalisti, politici, CEOs di grandi aziende sta montando con forza inaspettata, e molti di loro sono esponenti di spicco del Partito democratico, i quali stanno forse realizzando che l’arma del Wokismo antioccidentale (che già sta azzerando i partiti socialisti Europei) si sta rivoltando contro di loro. Lawrence Summers, segretario del tesoro Usa sotto Clinton ed ex presidente di Harvard, ha accusato l’attuale presidente (la prima donna afroamericana in capo ad Harvard) di non aver preso le distanze dalle posizioni degli studenti pro-Hamas (poi l’ha fatto, ma dopo una giornata intera di fuoco incrociato).

Alan Dershowitz, leggendario costituzionalista americano, che proprio in nome della libertà di espressione, nel 2004, si era battuto perché ai giovani palestinesi di Harvard fosse concesso di commemorare l’odiato Arafat, parla oggi di una “crisi morale” in seno alle università americane. “L’università pubblica CUNY, una volta un luogo di libertà per gli immigrati nella città di New York, è ora un focolaio di wokismo, radicalismo, estremismo progressista, un luogo dove i professori di legge hanno votato per il boicottaggio di Israele. All’unanimità!” dichiara al programma radiofonico di Glenn Beck. Ed è palpabile lo sgomento di molti commentatori liberal nell’osservare come i membri di “the squad”, la squadra degli otto deputat* ultraprogressist* del congresso capeggiati da Alexandria Ocasio-Cortez, siano rimasti squallidamente in silenzio dopo l’attacco di Hamas, neanche fossero dei Di Battista qualsiasi.

La guerra in Israele rende quindi evidente una spaccatura finora sottovalutata all’interno delle società occidentali. Nelle classi popolari impersonata dalla gioia dei giovani musulmani che si riversano nelle strade d’Europa e d’America, nelle classi dirigenti manifesta in enormi schiere di ignavi abbeverati per anni all’idea secondo cui l’occidente è un animale morente a cui noi dobbiamo facilitare il trapasso. Quanti sono quelli che invece credono che la libertà e la democrazia vadano difese a costo di morire o uccidere? “Siamo la maggioranza – dice Dershowitz – ma stiamo in silenzio”.

Pietro Molteni, 12 ottobre 2023