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I giudici possono salvarci dal green pass - Seconda parte

Su alcuni di questi aspetti ha posto l’accento l’europarlamentare della Lega Antonio Maria Rinaldi, che il 28 luglio – a ridosso dell’entrata in vigore del decreto legge n. 105/2021 – ha presentato una interrogazione in sede di Parlamento europeo con la quale ha sottolineato come il decreto-legge italiano sia in contrasto con i valori fondanti della Ue sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, chiedendo alla Commissione europea di chiarire se ritiene che la normativa italiana rispetti il principio di non discriminazione espressamente sancito dal Regolamento Ue n. 953/2021. Alla luce del nuovo decreto questa interrogazione è ancora più importante.

Abbiamo dunque da un lato il Regolamento Ue n. 953/2021 del 14 giugno e dall’altro il decreto-legge italiano n. 105/2021 del 23 luglio, e quello di ieri che sono in palese contrasto con il primo. Nella scala gerarchica delle fonti del diritto, Regolamento Ue e legge ordinaria si pongono sullo stesso piano, ma con una differenza: non esistendo tra loro un rapporto gerarchico, la Corte costituzionale – con Sentenza n. 170/1984 – ha sancito la preminenza del diritto comunitario su quello interno attraverso l’obbligo per il giudice nazionale di disapplicare la norma di diritto interno in contrasto con la normativa europea. A questo punto, a partire dal 6 agosto, i cittadini italiani che si sentissero discriminati per via dell’applicazione del green pass nazionale, potranno rivolgersi al giudice ordinario e chiedere la disapplicazione del decreto-legge n. 105/2021 e l’applicazione del Regolamento Ue n. 953/2021.

Una volta tanto il “ce lo chiede l’Europa”, usiamolo noi. Tentar non nuoce.

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