Da cittadino sono rimasto abbastanza sconcertato dal breve servizio sui sessant’anni di Magistratura democratica, associazione di togati che si definisce indipendente, trasmessa nel corso dell’ultima puntata di Quarta Repubblica.
Mi ha particolarmente colpito l’entusiasmo con il quale l’assemblea ha accolto Maurizio Landini, l’uomo che sta sostenendo in ogni dove la tesi irresponsabile della rivolta sociale, acclamato quasi come un eroe della democrazia, tanto che chi presiedeva l’assemblea lo ha così annunciato: “Accogliamo Maurizio Landini come uno di noi”. Con ciò dando ad intendere che il leader della Cgil facesse parte di un fronte comune per la difesa di non si sa bene quali garanzie costituzionali, le quali sarebbero messe in discussione dall’attuale maggioranza politica al governo.
Ovviamente il sindacalista non si è fatto pregare, sostenendo che “siamo in presenza di una torsione autoritaria, pericolosissima, che io credo vada ostacolata con tutti gli strumenti democratici che abbiamo a disposizione”. Dopodiché, chiudendo il suo intervento, Landini chiama alla lotta i togati presenti con un appello piuttosto inquietante: “Vi chiedo in modo molto esplicito di essere parte come cittadini di questa battaglia per la democrazia e per il lavoro”.
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Una dichiarazione, a mio avviso, del tutto inappropriata nei confronti di una particolare categoria professionale a cui, quando sono ancora in attività, dovrebbe essere preclusa ogni forma di militanza politica, seppur sotto mentite spoglie, così come espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 170 del 20 luglio del 2018. In estrema sintesi, la Consulta affermò la piena costituzionalità della legge che vieta ai magistrati l’iscrizione, o la partecipazione “sistematica e continuativa”, a partiti politici per tutelarne indipendenza e imparzialità. La libertà di associazione politica – aggiunse -, insieme a tutte le altre libertà, rappresenta un cardine essenziale del sistema democratico ma le delicate funzioni da loro svolte non consentono di equipararli in toto agli altri cittadini.
Un chiaro ed inconfutabile giudizio che i membri di Magistratura democratica non sembrano aver preso molto in considerazione, visto che hanno riservato un caloroso applauso allo stesso Landini. D’altro canto, si ha l’impressione che nel campo della composita opposizione di sinistra si stia generando una tale confusione che persino le parole e le definizioni più comprensibili stiano cambiando di significato. Tant’è vero che gli stessi magistrati che osannando Landini, durante l’incontro hanno sostenuto in coro di voler tutelare la Costituzione, ossia la base dell’ordinamento democratico, ma debbono anch’essi, come il sindacalista, aver perso il significato di “rivolta sociale”.
Tuttavia, non bisogna aver conseguito una laurea in giurisprudenza per comprendere la valenza sovversiva del termine “rivolta”, che come riportano i maggiori dizionari della lingua italiana non è altro che un “moto collettivo, istintivo e violento, di ribellione contro l’ordine costituito.”
Eppure uno dei registi più schierati e amati dalla stessa sinistra in uno dei suoi più celebrati film pronunciò una frase che ancora molte anime belle del progressismo nostrano ricordano: “Ma come parli? Le parole sono importanti!” Evidentemente, come sembra accadere per le stagioni, non ci sono più le parole di una volta. Oggi vale tutto e il contrario di tutto.
Claudio Romiti, 12 novembre 2024
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