Articoli

I grillini fuggono, ma chi resta costa di più

Articoli

Giulia non c’è, è andata via, non sta più nella consorteria. E sì che si chiama Grillo, come il fondatore, nomen omen, coincidenze esoteriche, vite parallele. Poi ci ha ripensato, in puro stile grillino caciottaro, “la mia era solo una battuta”. Dev’essersi fatta due conti, tipo Jerry Calà quando dava gli esami all’università e rifiutava un misero 18, poi guardava il libretto: “Tutti 18, dove vado?”. Giulia c’è ancora ma la diaspora del grillino errante non si arresta: in ventidue alla Camera, in tredici al Senato hanno preso strade diverse o sono stati espulsi coi pretesti più lunatici: e via questo e via quello, e addio Giarrusso e ciao Paragone, e la Alessandra Riccardi passata clamorosamente, si fa per dire, alla odiata Lega, come già Ugo Grassi, Stefano Lucidi, Francesco Urraro. Urrah!, alla marinara, come cantava Umberto Tozzi.

È una diaspora un po’ così, con quelle motivazioni un po’ così, che abbiamo noi, che abbiamo sbarcato il lunario sbracando alla circense e adesso che il Movimento va eporando come una medusa sotto al sole tocca cambiar livrea pur che nulla cambi: sempre meglio che faticare appresso a un qualsiasi lavoro, qui le cogenti motivazioni politiche non c’entrano perché non ci sono motivazioni e soprattutto non c’è politica. Non c’è neanche la geografia se un Di Stefano rischia di portare cristantemi in Libia invece che in Libano, e per fortuna Pompei il Vesuvio l’ha sepolta duemila anni fa, se no rischiava di portare le condoglianze in un casino.

Giulia c’è ancora, il Movimento non c’è più, come la pancia di Mimmo Craig quando beveva l’olio Sasso, però ciuccia ancora alla grande: i grillini, che vogliono ridurre i parlamentari, avendo preso gusto invece alle auto blu, ai voli di stato, alle scorte, a tutta la roba che pretendevano di eliminare nel nome del popolo italiano, i grillini sono i più colossali spendaccioni e percettori di soldi pubblici, sentite che roba: quasi 800 mila euro, scopre l’Adnkronos, per “consulenze comunicazione alla Camera”, che poesse tutto e gnente e difatti significa niente, la classica rubrica in cui infilare quello che vuoi. Parliamo di un milioncino, sia chiaro, un par di miliardi di antiche lire. Per cosa? Dove vanno a finire tutti quei soldi comunicativi?

Ah, saperlo, e fossero i soli: spuntano spese per collaborazioni e consulenze  professionali per 1,6 milioni, un quarto delle spese della setta, che sfora allegramente i 6 milioni di euro; parliamo, attenzione, della sola Camera dei Deputati. E da che mondo è mondo e politica è politica, le consulenze, le collaborazioni sono una delle più impuni mangiatoie della storia della Repubblica. Se si pensa che una marea di risorse vengono impiegate, anche qui si fa per dire, per curare l’utilizzo dei social media, cioè le vaccate epocali prodotte in quantità industriale dai vari Toninelli, Azzolina e compagnia ragliante. Ma che problema c’è? Il gruppo setta si pippa dalla sola Camera oltre 9 milioni di euro per spese varie, alla faccia del bicarbonato di sodio, dell’onestà onestà e degli sprechi che quando comanderemo noi ve la faremo vedere, perché noi non siamo politici ma cittadini. Ecco come finiscono le rivoluzioni: sempre a tavola, diceva Longanesi. O al bordello, precisava Montanelli.

La Azzolina, a proposito. È sempre in bilico tra dimissione e defenestrazione (già si sente addosso le braccia tese della Boschi che dal motoscafo sbarcherebbe sulla sua poltrona), se ne rende conto (almeno di questo) e così ha pensato bene di arruolarsi da sola tra i 450 nuovi presidi in servizio da settembre. Benvenuti nel mondo dei grillini, dove l’impossibile è l’unica realtà e la decenza è un velo da smettere il prima possibile: chi è che, da parlamentare e poi ministro della Scuola, non si assume da solo come preside? A coronare l’impresa, c’è che il concorso di riferimento è uno dei più discussi, mormorati, sospettati nella millenaria storia del meretricio concorsuale: l’Espresso è andato a ficcarci il naso e ha scovato il solito puttanaio di promossi con risposte ad minchiam, voti inventati, prove ad hoc, e lo stesso chi scrive ha raccolto testimonianze di candidati inspiegabilmente segati dopo aver risposto a tutto a beneficio di altri candidati promossi dopo aver risposto a niente: al punto che indagano in 6 procure, c’è stata una sospensiva del Tar e adesso siamo sotto Consiglio di Stato, che tuttavia è un organo politico e la cosa finirà in politica, cioè in vacca.

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva