Senza dubbio Johnson ha tutte le caratteristiche per non piacere al mondo liberal, anzitutto ha un grave peccato originale: è un conservatore. Nel discorso dopo la vittoria alla primarie del Partito Conservatore ha affermato: “i conservatori sono bravi a capire gli istinti della natura umana”, una frase che esplicita tutta l’influenza di Burke, Chesterton, Tolkien, Newman. A onor del vero il suo concetto di famiglia e le burrascose vicende private e sentimentali non sono molto in linea con il conservatorismo ma gli inglesi sembrano aver anteposto alle sue scappatelle una visione che si può riassumere con “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
In secondo luogo Johnson è l’emblema del politicamente scorretto, le sue esternazioni, il modo di vestirsi, la sua chioma bionda, le sue battute e la contagiosa simpatica trasmettono una (vera o costruita) genuinità e vicinanza al popolo che nella politica contemporanea è vincente.
Ma il vero motivo per cui il Partito Conservatore ha sostituito Theresa May e scelto una figura come Johnson è la spinosa gestione della questione Brexit. L’ex sindaco di Londra ha promesso che con o senza accordo il 31 ottobre ci sarà la Brexit, da questo punto di vista gli ottimi rapporti con Donald Trump sono un aiuto importante per il neoleader che può contare su un alleato di primo piano. Su come verrà gestita la Brexit nei prossimi mesi si gioca il futuro politico non solo di Johnson ma in generale la credibilità della Gran Bretagna uscita indebolita dalle trattative portate avanti fino ad oggi. Johnson avrà il compito di ratificare l’uscita dell’Uk dell’Ue ma anche di dimostrare al mondo intero che l’economia inglese riuscirà a prosperare anche fuori dall’Unione europea.
Francesco Giubilei, 24 luglio 2019