Siamo l’Italia, il Paese in cui la politica decide quali talk show debbano andare avanti e quali, leggi Cartabianca, chiudere i battenti. Dunque non dovrebbe sorprenderci se il governo ucraino limita la libertà di stampa nel pieno di una guerra. Noi lo diciamo da tempo: occhio, perché così come esiste la propaganda russa – ed esiste eccome – bisogna guardarsi pure da quella ucraina. Che sarà “buona”, sarà “giustificata”, sarà “in buona fede”. Ma pur sempre di propaganda si tratta.
Non ci riferiamo solo a notizie verificate o meno. Di questo ne avevamo parlato all’inizio della guerra, quando da fonti ucraine circolarono immagini fake e notizie ancor meno confermate, spacciate però dai quotidiani per vere. Un esempio: i “martiri” dell’isola dei Serpenti, celebrati da tutti, in realtà non sono mai morti. Buon per loro. Il punto è che da mesi non facciamo altro che parlare del ruolo dei giornalisti russi, del loro essere fonte di disinformazione, di essere piegati e controllati dal Cremlino, senza sapere che – come normale che sia – la “censura” preventiva esiste pure in Ucraina.
Ad ammetterlo stavolta, in un’intervista all’Adnkronos, è Serhii Tomilenko, presidente dell’Associazione Nazionale Giornalisti ucraini. “Ovviamente è vero che le istituzioni governative, il presidente Zelensky e l’ufficio del presidente a noi danno una serie di regole che in un certo senso limitano l’attività giornalistica – ammette – Ma argomentano queste scelte con la sicurezza del Paese”. Quindi il governo di Kiev censura, ma essendo “per il bene dell’Ucraina”, passa in cavalleria. Così come è passato in cavalleria il fatto che Zelensky abbia chiuso diverse tv filorusse nei mesi scorsi. “Noi, in ogni caso, ci sentiamo liberi – dice però Tomilenko – perché le limitazioni che impone il governo legate alla situazione bellica le vediamo giustificate. Sono legate al non rivelare al nemico informazioni e dettagli importanti che danneggerebbero l’Ucraina”. Almeno lo sappiamo.