La gran parte dei migranti che alimenta gli attuali flussi migratori fugge da una condizione economica non soddisfacente in cerca di prospettive migliori. Un’altra parte consistente scappa da regimi autoritari e da persecuzioni politiche. Quasi sempre la fuga è da paesi caratterizzati da sistemi economici statalisti, centralisti e assistenzialisti di stampo socialista.
Ciò che accadde qualche decennio fa tra est ed ovest in Europa, oggi continua ad accadere ma con una estensione crescente del fenomeno anche tra nord e sud. Fondamentalmente le persone scappano da paesi non capitalistici verso paesi ad economia capitalistica di mercato, alla ricerca di quel benessere e quella libertà che i paesi di origine non offrono e non garantiscono.
Scriveva nel 1995, con la solita lucidità e preveggenza, Sergio Ricossa: “È stato il confronto tra lo sviluppo del modo di vivere in Occidente e quello nell’Europa orientale a decidere, per il momento, la partita. Il capitalismo occidentale, a differenza del comunismo, non si è mai proposto di liberare l’uomo dalle catene dell’economia: all’opposto, lo tiene durevolmente legato mediante la continua invenzione di nuovi bisogni o desideri suscitati da nuovi beni di consumo. Per quanto il “consumismo” trovi critici anche in Occidente, per lo più fra gli intellettuali, esso ha conquistato le masse popolari all’Ovest e all’Est, e forse più all’Est che all’Ovest, poiché all’Est ne conoscono il mito meglio della realtà. All’Est le masse popolari possono illudersi che il godimento dei consumi “all’occidentale” non abbia alcun rovescio della medaglia e sia una magia gratuita del mercato, anziché uno sforzo umano senza fine” (Passato e futuro del capitalismo – Laterza 1995).
Il sistema capitalistico basato sull’economia di mercato ha consentito di creare quelle condizioni di benessere verso cui si rivolgono i flussi migratori, fuggendo da paesi non a caso sempre più coalizzati nella intenzione di combattere proprio quel sistema, che tanta speranza alimenta nei loro cittadini in fuga.
Si dovrebbe lavorare per abolire la povertà e non considerarla addirittura una virtù a cui aspirare, cosa che certe ideologie o anche alcune confessioni all’interno delle religioni si ostinano a predicare: “La sopravvivenza del sistema capitalistico dipende ancora dalla sua capacità di sostenere ed esportare il consumismo nonostante gli attacchi di una certa morale austera e i limiti naturali del progresso merceologico e tecnologico. Circa le critiche moralistiche, si osserva che esse in qualche grado possono diventare addirittura critiche religiose, sia nel mondo cristiano sia al di fuori di esso (per esempio, nel mondo islamico), o addirittura allargarsi in critiche all’intera civiltà occidentale, di cui il capitalismo è ormai parte determinante” [Ibid].
Si veda, da ovest a est e da nord a sud, quali sono i paesi in cui le condizioni di vita sono migliori e quali, invece, quelli da cui le persone scappano, o vorrebbero scappare se solo gli fosse consentito. E si valuti quali dei sistemi economici applicati hanno dato (e stanno dando) risultati migliori per i propri cittadini, in termini di benessere economico e di libertà politiche e sociali: “Per contro, il Giappone e altre zone asiatiche gravitanti verso il Pacifico si sono “occidentalizzate” proprio per partecipare alla corsa del capitalismo, dove riscuotono vistosi successi”. [Ibid]
Fabrizio Bonali, 26 settembre 2023