A differenza delle sigarette, che nuocciono gravemente alla salute, lo Stato e gli enti locali incentivano all’uso del monopattino, pur nuocendo anche essi gravemente alla salute.
I sindaci delle metropoli hanno spiegato l’importanza della mobilità sostenibile che si può ottenere attraverso la diffusione di questi trabiccoli. Il governo, di soppiatto, ha inserito una modifica del Codice della strada in cui il loro utilizzo viene sdoganato ed equiparato a quello delle biciclette. I primi decreti rilancio hanno previsto incentivi fiscali doppi (in termini assoluti) rispetto a quelli pensati per l’auto tradizionale. Insomma un’orgia di piacere per il monopattino.
I danni del monopattino
Il primo bilancio è disastroso. Le città sono invase, soprattutto nei loro centri storici, da monopattini abbandonati ovunque. E gli incidenti in Italia sono all’ordine del minuto. A Milano ci sono stati 136 incidenti in 108 giorni. Si presume che numeri simili ci siano anche nelle altre grandi città.
Non c’è nulla di male nel monopattino in sé. Per alcuni può essere piuttosto comodo, poco ingombrante, veloce. Resta da farsi una domanda molto laica? Per quale dannato motivo lo Stato, tanto preoccupato dei rischi che corre la nostra salute, ha lasciato questa zona franca? Chi scrive questa zuppa si rende perfettamente conto della propria contraddizione. Finché non si nuoce agli altri, lo Stato si impicci dei fatti suoi e ci faccia circolare come meglio crediamo. Dovremmo forse compiacerci della libertà, anche di farci male, che il nostro pubblico onnipresente ci concede.
Ma questa posizione oggi è considerata estremista e non più accettabile. Ci fanno una multa se non abbiamo un faretto a norma, ci portano in questura se ci vedono in due su un cinquantino, e se ne fregano se beccano Giuliano Ferrara, per dire, in monopattino con il cagnolino in braccio, che sfreccia per le strade del Testaccio. Dove è finita la dittatura del principio di prudenza per la quale si commettono in Europa le maggiori e peggiori violazioni delle libertà personali? Sui monopattini esiste una zona franca: sarebbe da goderne se valesse anche per altri settori. E invece no. La strada è libera solo per loro.
Quando vedete la coppia in monopattino per via del Corso a Roma (basta stare cinque minuti) e con la mascherina di ordinanza sulla bocca, capirete che siamo fritti. La probabilità di beccarsi il virus passeggiando per il corso che unisce piazza del Popolo a Piazza Venezia è infinitamente inferiore al rischio che i due avventurosi hanno di cadere e farsi male, e farlo anche a qualcun altro. Eppure nessuno se ne stupisce, in questa ubriacatura salutista, in cui si guarda il dito e non la luna.
Vasco e il monopattinismo
Ci si perdoni la digressione. Ma il monopattinismo è il perfetto simbolo del nuovo mondo di Vasco Rossi. Un inno al doppio standard, all’insopportabile insegnamento dei «venerati maestri» riguardo agli errori da essi commessi quando erano «semplici stronzi». Siamo in un mondo talmente pazzo e corretto, per il quale ci fa più paura un’auto in cui guidatore e passeggeri sono bellamente senza maschera, piuttosto che vedere i medesimi quattro senza la cintura di sicurezza indossata: converrebbe ricordare che è obbligatoria anche per i passeggeri.
Perché anche le emergenze hanno una priorità dettata dalla cancel culture: un tempo erano le stragi del sabato sera, poi è arrivato l’allarme ecstasy, ora finalmente c’è il negazionismo della maschera, madre di tutte le sciagure. E così i dolori del monopattino sono trascurati sull’altare del supposto beneficio ambientale, che cancella tutto. E pensare che quell’ambulanza, forse a gasolio, che porta gli sciagurati in ospedale, in un breve tragitto produce gran parte della CO2 che i folli strateghi del monopattino volevano risparmiare all’ambiente.
Nicola Porro, Il Giornale 19 settembre 2020