Durante la puntata del 15 settembre di Otto e mezzo, salotto televisivo condotto da Dietlinde Gruber detta Lilli, sul tema infinito del green pass, Stefano Feltri ci ha fornito uno straordinario esempio di ortodossia sanitaria. Ortodossia sanitaria che, in questo drammatico momento per la nostra democrazia, risulta sempre più sganciata dai più elementari criteri logici. Contrapposto ad un sempre più affranto Massimo Cacciari, trattato dal giovare direttore di Domani, come un anziano confuso e disinformato in preda a ingiustificate preoccupazioni costituzionali, Feltri è partito in tromba sui vaccini, sostenendo con certezza assoluta che essi ridurrebbero “del 95% la possibilità di morire”. Di conseguenza, facendo quattro conti, ciò vorrebbe dire che in questo periodo di fine estate, se non avessimo avuto a disposizione i miracolosi vaccini, conteremmo ben oltre i mille morti al giorno a causa del Covid-19. Cosa altamente improbabile per un virus che sembra seguire il classico andamento stagionale di tante altre epidemie di carattere respiratorio. Quindi delle due l’una: o il Sars-Cov-2 si è trasformato in qualcosa di catastrofico oppure questi vaccini non sono poi così miracolosi come li dipinge questo giovanotto cresciuto professionalmente sotto l’ala di Marco Travaglio.
Vogliono limitare i diritti dei non vaccinati
Ma questo non è niente. Interpellato dalla Gruber sulla stretta che il governo sta imponendo a chi si rifiuta di vaccinarsi, inasprendo l’applicazione del summenzionato lasciapassare sanitario, l’intervento di Feltri è stato degno di un romanzo orwelliano: “Vogliamo esporre i vaccinati e gli altri a un rischio, o vogliamo, come dire, limitare la libertà dei no vax e spingerli a vaccinarsi? La scelta politica è questa. Si sta andando verso la scelta politica di dire: proteggiamo i diritti di chi ha scelto di vaccinarsi e di cooperare e restringiamo i diritti di quelli che io chiamo gli evasori vaccinali, perché sono come gli evasori fiscali, cioè scelgono di avere un piccolo beneficio proprio, scaricando i costi sulla collettività”.
I non vaccinati come i kulaki
Ora, codesto agghiacciante punto di vista trova un formidabile parallelismo storico con la collettivizzazione forzata imposta ai contadini, definiti spregiativamente kulaki, dal compagno Stalin durante i suoi forsennati piani quinquennali. Anche in quel drammatico frangente l’idea di togliere diritti a chi non aderiva ai dogmi economici del partito comunista non sembra poi tanto diversa da quella di emarginare i kulaki italiani che non vogliono vaccinari, per le più disparate ragioni.