La vicenda, atroce, miserabile di Willy, il giovane generoso di origini capoverdiane trucidato da quattro balordi a Colleferro segna il punto di non ritorno per un precipitato ideologico che ha prontamente offerto il peggio di sé, arrivando a manovrare il cadavere non ancora in pace nella totale mancanza di scrupoli, di ritegno.
Si sprecano le accuse demoniache. Rula Jebreal, la donna che sussurrava ai potenti come Weinstein, gira che ti rigira arriva a tirare in ballo Giorgia Meloni, altri puntano il dito su Matteo Salvini, dispensatore d’odio. Tutto si può dire e ciascuno la pensi come gli pare, ma quando, di grazia, Salvini e Meloni avrebbero incitato alla forca, al macello sacrificale? Si scomoda l’equazione, facile, scontata, fascismo uguale odio ma dalla sinistra storica e poi extraparlamentare ci sono andati più teneri? Hanno davvero privilegiato l’amor che tutto move? Quanto a dire di tematiche enormi in chiave culturale, altrimenti semplici come l’uomo, come la sua indole malvagia: c’è sempre, da che mondo è mondo, un fragile, un buono, un matto da sopprimere per noia o per ferocia. Comunque fatti orrendi, da maneggiare con cura.
Invece si sprecano i tweet sfondamuri che chiudono la questione in una manciata di parole deliranti. Ci si è tuffata pure la influencer Chiara Ferragni con una spericolata intemerata contro “la subcultura fascista”, salvo scoprire che i quattro picchiatori ascoltano di preferenza il marito Fedez, cui risultano esteticamente sovrapponibili. Tutti colpevoli, dalla Meloni a Salvini, da Trump a Berlusconi, da Maria de Filippi al Dio dei cristiani: una in fama di giornalista, militante islamica contigua al Pd, arriva a dire che fanno bene a menare il leader della Lega “perché con quel rosario provoca”.
Il regista Gabriele Muccino che solfeggia, nessuna solidarietà a Salvini perchè fomenta odio: ed è stato denunciato dalla ex moglie, accusato di violenze domestiche. Dulcis molto in fundo, il caposardina Mattia Santori, quello del cerchietto, che teorizza la non solidarietà e anzi l’inevitabilità del taglione per il solito Matteo. Uno che sgomita per arrivare a far niente, cioè l’unico mestiere che conosce, in Parlamento al grido amor omnia vincit. E su!
Ma questa gente, perché non si guarda mai allo specchio? Perché non si ascolta? Perché non ha il minimo ritegno dei suoi comportamenti, delle proprie volgarissime incoerenze? Questa storia che sono sempre gli altri, i nemici giurati a fomentare odio è logora, ha da finire, non sta in piedi come la metti ma letti, un altro che a forza di sentirlo cianciare d’amore, con quel faccione un po’ così, quell’espressione un po’ così, il segretario a tempo del politburo piddino Nicola Zingaretti, è riuscito ad evocare fosse comuni per malati di Covid attribuendole “alle destre nazionaliste sovraniste”. Perché questi non hanno il senso del ridicolo?
La sinistra istituzionale, nientemeno, ha subito adottato la mercante di selfie Ferragni come nuova stella polare. Una che è qui per fare soldi per fare soldi per fare soldi e a questo punto il cortocircuito ideologico è definitivo e irreversibile: la sinistra non si limita più a schifare il sottoproletariato suburbano, da cui gira alla larga: sceglie con decisione tutto ciò che le è avulso, che le sta agli antipodi e, incredibilmente, ci si identifica. Non c’è abiura più drammatica, o forse siamo al redde rationem, alla sconfessione di duecento anni di bei proclami e alla prova provata che la lotta di classe teorizzata da Marx riposava non sull’equità ma sull’invidia, sulla voglia rabbiosa di avere la propria parte facendo fuori gli altri. Come nella freddura di Woody Allen, i rivoluzionari che fanno fuori tutti e cambiano le chiavi dei palazzi.