I poteri forti pronti a mollare Gualtieri

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Ormai si sono tutti convinti, dal Quirinale a Palazzo Chigi, dalla Banca d’Italia alla Bce, che a dover saltare per manifesta incapacità è il professore di storia contemporanea oggi facente funzione di ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. E con lui il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, entrato ormai in rotta di collisione con il premier Conte. È di tutta evidenza che non può essere Gualtieri a gestire le risorse europee del Recovery Fund tanto che è pronto, dopo vari colloqui informali, il nome del suo successore: Fabio Panetta, oggi nel comitato esecutivo della Bce e già Dg di Banca d’Italia, che sarebbe stato preferito a Carlo Cottarelli, considerato ormai consunto e in continua trance mediatica, e a Guido Tabellini, già rettore della Bocconi.

Resta da capire se avverrà in seguito ad un rimpasto e soprattutto chi (Mattarella? Conte? Zingaretti? D’Alema, suo primo sponsor?) si prenderà la briga di chiedere un passo indietro a Gualtieri, beneficiato di un seggio parlamentare inaspettato in elezioni suppletive nel collegio di Roma centro il primo marzo scorso, giusto in tempo prima del lockdown che ha cancellato tutte le altre scadenze elettorali. O comunque di fargli accettare, senza fiatare, una deminutio con un cambio di deleghe come ad esempio un ministero per l’attuazione del Programma o un suo “commissariamento”, peraltro già nei piani di Conte quando voleva la task force economica a Palazzo Chigi.

L’irritazione verso il titolare di via XX Settembre, incapace di dare seguito ai decreti attuativi, ha superato però ogni limite dopo che il Premier in persona è dovuto intervenire mentre era in corso il Cda di Tim. Giuseppi ha così bloccato l’offerta vincolante del fondo americano Kkr per una parte minoritaria della rete secondaria del colosso telefonico, preannunciata da mesi con grande previdenza dal suo Ad, Luigi Gubitosi, sollecitando un intervento dell’Esecutivo. Mossa anticipata oltre la zona Cesarini, da una lettera dei due ministri, dell’Economia e dello Sviluppo economico, Gualtieri e Patuanelli, e giudicata dai mercati e dalle istituzioni finanziarie come un’ingerenza, a Borsa aperta, inaccettabile per una società privata. E, peggio ancora, il tutto, come è stato detto, in collegamento diretto con l’ambasciatore Usa, facendoci così tornare indietro agli anni ‘50 quando il Presidente Eisenhower mandò a Roma Clare Boothe Luce dopo il piano Marshall. Se gli ex Premier Berlusconi e Renzi o qualcuno dei loro ministri si fossero comportati così, certamente le ‘Vergini Sante’ de Il Fatto e, ancora di più, Procure e Consob avrebbero acceso non fari, ma falò per giorni.

Tutto ciò non sarebbe successo se il ministro Gualtieri avesse portato avanti assieme a Cassa Depositi e Prestiti una linea, anziché cercar farfalle per mesi, come ha fatto per Autostrade. Le conseguenze del Cda di Tim, con il rinvio a settembre del fondo Kkr, sono drammatiche. I fondi di investimento come Kkr o quello sovrano di Singapore, che detiene l’8% di Atlantia, secondo azionista dopo la famiglia Benetton, possiedono una liquidità pari a 2.600 miliardi di dollari, un valore di gran lunga superiore al Pil italiano. Queste rilevanti risorse finanziarie possono costituire un’importante opportunità per il nostro come per altri Paesi, in continua concorrenza tra loro per accaparrarsi quote ingenti di capitali per risolvere svariati problemi, come la ricapitalizzazione o il salvataggio di aziende in difficoltà.

Da Londra, come da New York, ci guardano basiti e s’incrociano le telefonate di chi è pronto a mollare il nostro Paese. Già alcune lettere di vibrata protesta sono arrivate al governo italiano, come quella di Tci ed Allianz. Nelle segrete stanze della grande finanza internazionale, Blackstone in primis, si medita di spingere il tasto “sell” sull’Italia e far volare lo spread che oggi non sale solo per gli acquisti massicci dei nostri titoli da parte della Bce. In questo marasma, a via XX Settembre, tra i dossier, si agitano supponenti i collaboratori politici di Gualtieri: il capo segreteria Ignazio Vacca, figlio del filosofo comunista Giuseppe, dipendente delle Poste al quale in gioventù, si ricorda ironicamente, non facevano neppure attaccare i manifesti elettorali di partito per paura che venissero storti, e Claudio Mancini, un deputato ed ex consigliere regionale del Lazio specializzato nello slalom tra correnti, da Bettini a Orfini, da Renzi a Zingaretti.

Chissà se sono proprio loro due che oggi cercano di favorire Antonio Guglielmi e Francesco Canzonieri di Mediobanca e Vittorio Grilli di JPMorgan, di casa nei corridoi del Mef e nell’anticamera del sottosegretario Riccardo Fraccaro, che oggi a Palazzo Chigi si sente più potente di Conte, per vendere Borsa Italiana a Euronext, la Borsa valori pan-europea. Tanto ormai le borse degli italiani, grazie ai pasticci di Giuseppi sul Covid-19 sono vuote.

Luigi Bisignani, Il Tempo 9 agosto 2020

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