Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.
Il “New York Times” di venerdì 1° aprile intitola sconsolatamente così un articolo di Anton Troianovski, Ivan Nechepurenko e Valeriya Safronova sull’aggressione all’Ucraina: “Shaken at First, Many Russians Now Rally Behind Putin’s Invasion/Scossi in un primo momento, molti russi si allineano a sostegno dell’invasione di Putin”. Nel sommario si spiega che indagini e interviste mostrano come i russi accettino l’affermazione del Cremlino che il loro Paese è sotto assedio da parte dell’Occidente. E chi si oppone o se ne va dalla Russia o resta silenzioso.
La speranza che traspare da molte posizioni dell’amministrazione e dell’establishment americani di poter contare su un crollo morale che travolga il governo moscovita, non pare dunque al momento poter contare su diffusi sentimenti popolari antiputiniani. D’altra parte Mosca ormai non ha altra via di uscita all’isolamento dell’Occidente che un’alleanza strategica con Pechino: una prospettiva che per un lungo periodo ha cercato di evitare.
È difficile in questa situazione spiegarsi perché gli americani insistano nell’obiettivo di disgregare la Russia, allineando dietro di sé gli europei e spingendo gli ucraini a non aprire reali vie di uscita a Mosca. Ma è altrettanto complicato chiedersi perché Vladimir Putin si sia cacciato dentro questa situazione di notevole dipendenza dalla Cina.
Scartiamo le facili soluzioni psicologiche: Joe Biden è un rimbambito, Vladimir Putin è pazzo. O le analisi superficiali: Putin non sapeva che gli americani stavano preparando le milizie ucraine da anni o che in primavera il suolo ucraino impantana i carri armati; gli americani credono veramente che l’esercito di Kiev possa battere quello di Mosca o che le sole sanzioni possano piegare il Cremlino.
Forse Mosca era preoccupata da nuove manovre destabilizzatrici di Washington mirate anche a costringere i tedeschi a rompere i rapporti con i russi sul gas, e in questo senso hanno voluto forzare i tempi per smascherare i tentativi americani. Oppure i dissensi nel blocco di potere putiniano erano tali da dover ricorrere a un diversivo internazionale. D’altra parte gli americani con il loro strano atteggiamento da una parte di non intervenire di fatto quando i russi stavano preparando la loro invasione e di irrigidire tutto il fronte alleato a invasione iniziata, hanno già ottenuto alcuni importanti successi strategici: l’Europa sosterrà l’acquisto di gas americano e investirà maggiormente in spese militari.
Però c’è qualcosa che non si spiega: perché Mosca non ha usato una tattica meno brutale? Perché gli americani puntano ancora sulla disgregazione della Russia nel breve-medio periodo?
Qualche mese fa alcuni frequentatori di qualificati ambienti moscoviti raccontavano come Vladimir Putin fosse gravemente ammalato e che il gonfiore del suo viso – che qualche altro, forse troppo allegro, osservatore attribuiva invece a un ringiovanente botulino – fosse determinato da pesanti cure al cortisone. E che inoltre tutta Mosca stesse discutendo già di un suo possibile successore. Queste voci oggi sono confermate da articoli usciti anche a Mosca, che però potrebbero far parte della nebbia della guerra, the fog of the war, che da sempre impedisce di capire quel che sta sul serio avvenendo in un conflitto.
Però se invece si riflette sulle voci di “prima” della guerra, queste potrebbero fornire una chiave di lettura degli avvenimenti in corso, un po’ più razionale delle tante quotidianamente diffuse.
Un Putin che si mette a fare il lavoro sporco per mettere in sicurezza il suo Paese e dar la possibilità a un suo erede di trattare una seconda fase meno anti-occidentale. Americani che la tirano in lungo perché sperano che il presidente russo muoia durante la guerra dando vantaggi fondamentali a Washington. Tutto ciò spiegherebbe meglio quel che sta succedendo rispetto a tante argomentazioni che paiono spesso primitive.
Se poi, invece, il gonfiore è dovuto al botulino, allora l’analisi svolta in queste righe non ha più fondamento e l’Ucraina troverà pace solo quando il Cremlino scoprirà un fondo tinta più adatto.