Proprio pochi giorni fa, sulle colonne di questo sito, analizzavamo il “paradosso cinese” di questo ultimo anno. Un Paese in stato di stagnazione, ma che nei settori strategici del futuro (eolico, solare e batterie) sta conoscendo un vertiginoso sviluppo, tanto da mettere in crisi non solo il continente europeo, ma anche quello americano. A ciò, ricordavamo anche la questione di Taiwan, dove la Cina (nel minor tempo possibile) è sempre più certa di un’invasione, che permetterebbe a Xi Jinping di mettere mano sulla produzione del 65 per cento di semiconduttori a livello mondiale.
Ora, è il Financial Times ad analizzare ulteriormente la crescita di Pechino. Le società di batterie Catl e Byd hanno superato i rivali giapponesi e sudcoreani, lasciando “agli Stati Uniti e all’Europa il dubbio su come alimentare un’industria di auto elettriche, senza fare affidamento sulla Cina per il pezzo più importante e costoso del puzzle”. L’opzione cinese, per ora, sembra inesorabile, visto che il regime è in grado di unire la componente tecnica a quella economica, rendendo il prodotto finale più conveniente per il consumatore.
Il dominio della Cina
Ma è proprio la velocità con cui Pechino sta crescendo che allarma gli analisti occidentali. La società Catl, per esempio, è nata solo 12 anni fa e oggi costituisce quasi il 40 per cento del mercato delle batterie per macchine elettriche a livello globale. Ed insieme a Byd è riuscita a ridurre “i costi di capitale nelle loro fabbriche a meno di $60 milioni per gigawattora di batterie prodotte, secondo gli analisti di Bernstein, contro $88 milioni / GWh per LG e SK, i due maggiori gruppi coreani, e $103 milioni / GWh per la giapponese Panasonic“.
Nonostante tutto, c’è una lancia che può essere spezzata a favore della tecnologia occidentale, nonché giapponese e sudcoreana: l’autonomia. Nella maggior parte dei veicoli elettrici venduti al di fuori della Cina, infatti, è offerta un’autonomia maggiore e prestazioni superiori rispetto alla chimica catodica del litio ferro fosfato, in cui la Catl cinese è specializzata. Ovviamente, rende il prodotto finale più costoso, ma pure con una durata di vita più breve.
Per approfondire:
- Auto elettrica, la Corte Ue certifica: perderemo la sfida delle batterie
- Microchip, eolico, solare: la Cina è già padrone assoluto
- Cina e Germania, ombre nere
Crisi Ue
Il tutto ha portato l’esperto Tim Bush, analista di batterie con sede a Seoul per Ubs, a ritenere che tecnologia Lfp cinese sarà destinata a dominare il mercato globale delle batterie dei veicoli elettrici. Una previsione, che se effettivamente corretta, metterebbe l’Europa con le spalle al muro, visto il processo di Green Deal e di sostenibilità ambientale (ma non economica) che Bruxelles sta percorrendo ormai da anni.
Anche Joe Biden sta tentando di correre ai ripari, attraverso quella misura tanto contestata durante i 4 anni di Donald Trump alla Casa Bianca: i dazi, affiancati alle centinaia di miliardi di dollari di sussidi, destinati ai contribuenti, per ridurre la dipendenza economica degli Stati dalla dittatura comunista e aumentare la produzione locale. Ora, però, è soprattutto l’Unione Europea ad essere dinanzi ad un bivio: se si vorrà procedere sulla strada dell’auto elettrica, l’affidamento alla tecnologia cinese pare essere inesorabile. In tal modo, però, il costo ricadrà sul fattore geopolitico. Al contrario, se Bruxelles vorrà seguire Washington, ecco che dovrà definitivamente accantonare il sogno green. Quale sarà la scelta finale?
Matteo Milanesi, 30 agosto 2023