Al centro del palcoscenico, si dipana l’aspra narrazione di storie sanguinose, di coraggio e perdite, di adrenalina e terrore. Ci troviamo sulla frontiera ucraina, dove il vento trasporta echi di combattimenti, di esplosioni e battaglie caotiche. È qui, nel cuore della “Operazione Ü”, la controffensiva ucraina, che i racconti di soldati si incrociano, tratteggiando il relitto crudo della guerra e delle sue conseguenze.
Ivan Kolomiets, un veterano dello scontro, racconta con viva voce il fallimento degli assalti iniziati il 7 giugno scorso. A bordo di un blindato americano, i ricordi di quella mattina di giugno risvegliano scene terrificanti: il viaggio attraverso campi minati, l’attacco inaspettato, e la morte che si diffonde come una nube tossica. “Gli autisti procedono lenti, faticano sotto i tiri dell’artiglieria nemica a restare nei solchi tracciati dagli sminatori e ci sono continui raid di droni, dribblano tra le esplosioni”, racconta il soldato a Lorenzo Cremonesi del Corriere ricordando l’assalto di inizio giugno. “Poco dopo le cinque il nostro mezzo è colpito, vedo immediatamente il cadavere del comandante, distinguo i due piloti insanguinati. Io con tre compagni balziamo fuori, intravedo una trincea russa a due o tre metri e mi ci butto dentro alla ricerca di un riparo. Odo dal fondo il gracchiare di un walkie talkie abbandonato, parlano in russo con forte accento ceceno e dicono che stanno per venire a riprendere la posizione. Dobbiamo andarcene! Mi dico. In quel preciso momento avverto l’esplosione che mi ferisce alla schiena e sulla spalla sinistra. Tocco l’uniforme: è intrisa del mio sangue”. Anche il secondo mezzo arrivato in soccorso viene colpito. Poi un terzo, abbattuto da una bomba sganciata da un aereo russo. “Dopo altre cinque ore sopraggiunge un M113 trasporto truppa, la battaglia si è spostata più a destra, i russi ci sparano, ma mancano il bersaglio. Sono salvo”.
Accanto a lui, ascoltiamo la testimonianza di Viktor Hametz, pilota di Bradley. Il suo racconto si incrocia con quello di Kolomiets, confermando la difficoltà dell’offensiva ucraina. Hametz parla di campi minati, difese russe impenetrabili e una necessità disperata di sminatori. Il loro nemico è formidabile, ben fornito e trincerato in bunker di cemento armato. “Dispongono di molti uomini, godono della copertura aerea, hanno posizionato ovunque telecamere che permettono alle loro sentinelle di individuarci senza essere esposte”, racconta. Ciò che i soldati intervistati dal Corriere descrivono è un ribaltamento dei ruoli rispetto all’anno precedente. Oggi affrontano problemi simili a quelli che i russi avevano incontrato di fronte a Kiev, poiché devono coordinare un esercito molto più grande e numerosi mezzi. “Dobbiamo studiare sistemi diversi, intanto logoriamo le difese russe; rivediamo le nostre strategie”, dicono i soldati al Corsera.