I talebani inseguono i nemici con gli scanner biometrici Usa

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Ma dopo aver visto il potentissimo esercito Usa scappare da Kabul come la più indifesa delle armate Brancaleone, e la Casa Bianca, quello che un tempo era il centro del potere mondiale, sottostare agli ultimati del portavoce dei Talebani che, da sotto il turbante bianco e contornato dalla lunga barba nera tendente al grigio, ha impunemente minacciato gravi conseguenze in caso di ritardo nel ritiro delle truppe occidentali da Kabul, pensavano che a furia di grattare l’amministrazione Biden avesse ormai completamente consumato il fondo del barile.

Armi Usa in mano ai Talebani

Tutti sanno, perché è stato riportato dalla totalità dei mezzi d’informazione, che nella fretta di lasciare l’Afghanistan le truppe Usa hanno abbandonato nelle mani dei Talebani milioni di dollari di attrezzature belliche ultramoderne. Se qualcuno si illude che i Talebani non saranno in grado di utilizzare a pieno quelle attrezzature è meglio che si ricreda e che torni presto nel mondo reale. Questo perché sia gli ex militari afgani, che dopo aver disertato si sono uniti ai Talebani, sono stati addestrati all’uso di quelle attrezzature proprio dai soldati dello Zio Sam, sia perché in molti, Iran in testa, ma anche Corea del Nord e probabilmente la Cina, pur di non perdere un buon affare, non negheranno il loro aiuto ai nuovi amici-clienti-fornitori.

Di questo possiamo esserne certi, come possiamo essere certi che fra non molto, come per incanto, ci sarà un’offerta sui mercati internazionali, ufficiali e paralleli, di attrezzature belliche cinesi identiche a quelle americane… ma a un costo minore. Così la Casa Bianca di Biden oltre al danno dovrà incassare anche la beffa. Ciò che invece non è chiaro, perché tenuto probabilmente nascosto per non aggravare la già magra figura, anche se ormai le voci che filtrano sono senza controllo, che in mezzo a quelle attrezzature c’erano anche un numero imprecisato di missili antiaerei Stinger. Missili che una volta arrivati in mano a gruppi terroristici, non bisogna essere dei profeti per prevederlo, potrebbero diventare a breve l’incubo del traffico aereo internazionale.

Database, afghani e filo-americani a rischio

Ma visto che, come detto, al peggio non c’è mai fine, con ciò che ha rivelato il New York Post in un suo articolo firmato da Roy Siddharthya e da Richard Miniter il 27 agosto scorso, è venuto alla luce che sotto il fondo del famoso barile si è aperta una di quelle voragini che non hanno precedenti nella storia di tutte le guerre. A rivelare la profondità della voragine è stato Nawazuddin Haqqani, uno dei comandanti della brigata talebana Al Isha, che durante un’intervista telefonica con Zenger News, si è vantato che la sua unità utilizza scanner portatili di fabbricazione statunitense per attingere a un enorme database biometrico, costruito proprio dalle truppe Usa, per identificare con certezza qualsiasi persona che ha aiutato gli Usa o i suoi alleati della Nato. Database che include impronte digitali, scansioni dell’iride e altri dati biometrici, e che era ospitato in un edificio presso il Ministero degli Interni a Kabul.

Tutti coloro che negli ultimi dodici anni hanno lavorato con il governo afghano o con le forze armate statunitensi, inclusi interpreti, autisti, infermieri e segretari, erano stati sottoposti a impronte digitali e scansionati per il database biometrico al fine di prevenire infiltrazioni terroristiche in siti sensibili. E ora tutte queste informazioni sono nelle mani di personaggi che certamente non temono le indagini della Corte Penale Internazionale dell’Aia. Nawazuddin Haqqani ha anche aggiunto che ora che Kabul è stata presa, il lavoro operativo è passato in secondo piano e la massima attenzione è rivolta al controspionaggio. Mentre la maggior parte dei combattenti si riposa in diverse madrasse, le scuole religiose islamiche, il gruppo Al Isha, che è sotto il suo diretto controllo e che è l’agenzia principale che gestisce il progetto di dati biometrici, si sta preparando a chiudere i conti con i collaboratori degli americani. “Ora abbiamo con noi i dati di tutti, compresi i giornalisti e le cosiddette persone per i diritti umani,” ha detto Nawazuddin Haqqani durante l’intervista.

Questo significa che se interrogato, e noi non possiamo neanche lontanamente immaginare cosa può accadere durante questi interrogatori, chi è stato al servizio degli occidentali non potrà negare o minimizzare il suo ruolo perché si ritroverà contraddetto dai dettagliati registri informatici che gli Stati Uniti hanno lasciato nel loro frenetico ritiro. E dovrà subirne le atroci conseguenze. A confermare la drammatica situazione c’è che funzionari statunitensi si sono rifiutati sia di dare il numero esatto di quanti, fra i 7.000 scanner portatili in dotazione alle truppe Usa siano stati lasciati indietro, sia se il database biometrico può essere cancellato da remoto. Era già sembrata una follia che durante le trattative sotterranee i funzionari degli Stati Uniti avessero fornito ai talebani un elenco di americani e afgani che volevano evacuare dal paese. Se per i primi si poteva ipotizzare che la lista sarebbe servita a facilitare il loro ingresso all’aeroporto di Kabul, per i secondi, e non era necessario un genio per capirlo, quella lista diventava una condanna a morte.

Disastro Biden

In questi giorni disastrosi Joe Biden ha dimostrato tutta la sua debolezza personale, sia la debolezza della sua amministrazione che sta subendo bordate sia dai repubblicani, e questo considerando gli eventi è il minimo sindacale, che da parecchi democratici. Quei pochi che ancora non si sono infettati di politicamente corretto, di Metoo o di Black Lives Matter, e che magari, considerando il pessimo presente, hanno capito che non è il caso di riscrivere il passato. Dopo gli attentati all’aeroporto di Kabul che hanno mietuto decine di vittime, Joe Biden ha fatto lanciare un paio di missili da alcuni droni contro obbiettivi dell’Isis, missili che secondo il portavoce del Pentagono hanno eliminato alcuni personaggi di spicco.

Non è possibile sapere se l’operazione sia veramente riuscita a decapitare qualche vertice dell’organizzazione islamica, per ovvi motivi le dichiarazioni del Pentagono non godono più di grande credito, e la notizia delle due bombe lanciate in una zona montuosa ha un qualcosa di patetico. Una pezza troppo piccola per coprire un buco così grande. Un buco che travalica la vicenda afgana e che colpirà, se non lo ha già fatto, tutta la catena di alleanze di cui gli Stati Uniti godono nel mondo, alleanze con nazioni che, dopo aver visto le immagini da Kabul, hanno perso la loro precaria tranquillità. Ad esempio Taiwan che sente sul collo i denti del dragone cinese, e la stessa Israele che dovrà presto fare i conti con Hamas e Hezbollah rinvigorite sia da questa sconfitta dell’Occidente che dai forti aiuti economici e militari che arrivano da Teheran. Con guerre, anche furibonde, che potrebbero improvvisamente scoppiare.

Rimane che anche se oggi gli Usa sono guidati da un Presidente che avrebbe fatto meglio ad andare in pensione e curarsi dei nipotini e da una vice capace solo di ridere davanti alle telecamere prima e dopo le sue gaffe, sembrano un gigante dai piedi d’argilla, riusciranno, come hanno sempre fatto nel corso della loro storia, a uscire da quest’impasse e a ristabilire le giuste regole. Ne va del mondo democratico e del modo di vivere che abbiamo conosciuto fino ad ora. Oggi i Talebani e i loro alleati festeggiano la vittoria sull’Occidente, ma sono indubbiamente in errore perché festeggiano dimenticandosi di un vecchio proverbio arabo che recita: “Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”.

Michael Sfaradi, 31 agosto 2021

 

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