I trapper? Un regalo della sinistra buonista

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Attenzione. In questo articolo si usano espressioni esplicite. Chi lo legge lo fa a suo rischio e pericolo e poi non venga a rompere le palle nei commenti. Del resto, si parla dei trapper, quella sottospecie di miseria subumana già involuta dai rapper, robaccia che, per dirla con uno che se ne intende, Keith Richards, “ha l’unico merito di avere svelato quanta gente sorda c’è al mondo. Così tante parole, così poco da dire”. Stanno alla musica come certi commentatori stanno al giornalismo, sono il più rancido e mortificante segno di questi tempi diarrotici.

Il peggio della subcultura americana

Questi trapper hanno l’aspetto emaciato, fetente, i denti marci per le droghette, acconciature da imbecilli, le faccette da cazzo, nomignoli da fumettari: Elia 17, Jeffrey Baby, Traffik. Non combinano niente, non fanno nessuna musica, neanche pessima, l’unica attività è lo spaccio e l’aggressione. Una coltellata qua, uno scippo là, un regolamento di conti, una devastazione. Con le rispettive “crew”, o gang, sempre il peggio della subcultura americana ci pigliamo. Spesso sono half breed, che è uno slang usato dai black, e che qui usa chiamarsi italiani di nuova generazione con problemi di integrazione. Invece non è vero, si sono integrati benissimo nella fogna dilagante. Hanno 17, 20 anni e già una sfilza di precedenti, denunce, processi.

Impuniti

Allora perché stanno fuori? Perché sono piccoli imprenditori del crimine e fruiscono di certa ideologia militante di sinistra, il trapper, l’adattato disadattato, il disagio, l’inclusione, “comprendere non punire”. Ma che vuoi comprendere. Che vuoi comprendere se invece che in galera, ruminano su Tiktok e su Instagram a vantarsi della loro malavita spicciola. In Brianza, due di questi falliti hanno appena aggredito un nigeriano rubandogli la bici e minacciandolo: “Ti ammazziamo perché sei un negro”. Dal Pd e i suoi derivati, manco un fiato.

E si capisce come mai. Prendiamo Milano, dove questa moccioseria incanaglita la fa da padrone da via Padova al Ponte Lambro, dalla Loggia dei Mercanti a San Siro: hanno avuto vent’anni per bloccarli, le amministrazioni per lo più di sinistra si son voltate dall’altra parte, nel tacito accordo infimo che risale da sud a nord: io istituzione vi lascio guinzaglio lungo e voi fate la propaganda che serve. Non è un mistero per nessuno, c’è gente che ci ha costruito su la propria fortuna elettorale e la conferma è che la sinistra su questa criminalità spicciola sì, ma balorda, non parla, tanto meno in campagna elettorale. Per la verità, non lo fa più neanche la destra: se sei trapper e hai “le problematiche” nessuno ti tocca, se no è razzismo. Invece se c’è un caso in cui andrebbe recuperata la tolleranza zero, la lezione di Rudy Giuliani, è questo. Bene anche la metodologia del sor Brega, “e je dicevo arzate a ‘nfame arzate! Nun s’è arzato”, ancora meglio quella di Paul Kersey, il Giustiziere della Notte: “Tu, ci credi in Dio?”. “Sì, ci credo”. “Adesso vai a trovarlo”. Amen.

Vigliacchi

Sono sifilitici ma pericolosi. Non vanno affrontati a cuor leggero, ma neanche temuti più di tanto. Chi scrive, per dire, è sempre felice di avere un confronto costruttivo con questi e i loro simili, anche se lui da solo e loro in branco, gli piace dopo un po’ vederli impallidire anche se half breed (l’ultima volta mi è successo tre giorni fa): ma chi scrive, notoriamente, non è un soggetto da prendere ad esempio. Il punto, comunque, è che nei luoghi ad alta densità di questa feccia è meglio non ritrovarsi da soli: se si è in tre o quattro, non verrano mai a rompere i coglioni, sanno di non potercela fare. Sono vigliacchi, aggrediscono i miti, i solitari, le donne, gli immigrati che lavorano.

Guai giudiziari

E davvero non si capisce la loro impunità persistente, al netto della pornoconnivenza piddina e di sinistra: vigliacco se lo squilibrato tipo, di Repubblica, che corre dietro all’infanzia di Giorgia Meloni, trova da ridire se due di questi marci rapinano un nigeriano al grido “ti ammazziamo negro di merda”. Salgono di livello: uno ha appena tentato di uccidere un malcapitato trentaquattraenne con una coltellata nella schiena e quello resterà comunque paralizzato.

Certo che quando poi leggi (sul Corriere) una cronaca come la seguente, ti cascano le braccia: “Sempre Jordan Tinti, a dicembre 2019, si era distinto per aver vandalizzato un’auto dei carabinieri davanti al comando provinciale di Napoli. Il romano Traffik è si è distinto per molti guai giudiziari, ed esperienze in carcere. È stato accusato di razzismo da altri rapper per l’uso indiscriminato dell’espressione «negro» nel testo di un brano. Nel 2021, è stato condannato a tre anni e due mesi in primo grado dal tribunale di Novara con l’accusa di maltrattamenti verso la sua ex fidanzata (una influencer piemontese), violazione di domicilio e resistenza a pubblico ufficiale. Il giovane aveva affittato un’auto con conducente per farsi portare nel novarese dalla sua ex, che era in ospedale, ma era finito in caserma, tra insulti ai militari e un tentativo di entrare in casa della giovane, che al processo aveva riferito di minacce di morte”.

Ma chi cazzo è Traffik? Perché con tutto ‘sto carico gira libero? Traffik, tu ci credi in Dio?…

Max Del Papa, 17 agosto 2022

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