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I tre ritornelli della sinistra al voto

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Prima di ogni elezione amministrativa o politica che sia, ci sono tre costanti che si ripetono. Prendiamole pure senza malizia, ma occorre registrarle.

1. La questione immigrazione viene occultata. Ci spieghiamo meglio. Per la sinistra non si tratta di un’emergenza. Ma, con l’approssimarsi del voto, è meglio non rischiare. La Ocean Viking fu tenuta in mare, da questo governo, per undici giorni. Si votava in Umbria. E ora si prendono circa tremila migranti e si piazzano sulle navi da crociera, in mezzo al mare, piuttosto che distribuirli sul territorio, dove ci sono (fonti ministero dell’Interno) 20mila posti liberi in centri di accoglienza. I decreti Salvini, che a parole la sinistra dice di volere cambiare, sono da mesi riformati in un testo che giace al Viminale, ma che Palazzo Chigi non ha il coraggio di votare. Questo governo nato per fermare Salvini e le sue politiche sull’immigrazione, quando ci sono le elezioni lo scimmiotta.

2. Riemerge sempre il pericolo fascismo, più o meno legato alla questione immigrazione. La morte del povero Willy non c’entra nulla con il colore della pelle e i fasci littori. Il fatto che la nota influencer Chiara Ferragni dica una castroneria, fa parte della cronaca. Ma la circostanza che il segretario del Pd Zingaretti la segua, beh ciò è decisamente incredibile. Come lo è l’inattesa lettura fatta da Veltroni sul Corriere o qualche delirante commento governativo che lega la cronaca nera a Salvini e Meloni e, per quei rami, al fascismo. Evocare la marea nera è ormai diventato un classico.

3. Ultima costante, la più tradizionale, riguarda l’intervento della magistratura. Il caso dei commercialisti a Milano, legati alla Lega, è ben spiegato nelle sue contraddizioni, proprio su questo Giornale, da Luca Fazzo. In particolare, ci si chiede perché una richiesta di arresto di metà luglio si esegua solo dopo due mesi: nel frattempo i «presunti colpevoli» avrebbero potuto fare tutte quelle operazioni per le quali è appunto prevista la carcerazione preventiva. Il problema qui, come al solito, non è solo nell’attività giudiziaria, ma nel taglio scandalistico e sospettoso che ne fornisce la stampa. De Luca indagato viene subito archiviato (non lo è ancora dal punto di vista giudiziario) dai titoli dei giornali. Casalino che presta soldi per trading online se la cava mollando il fidanzato, con il quale, dopo un minimo esilio, si riconcilia. Il premier indagato è un «atto dovuto». Insomma, la campagna elettorale per qualcuno è più giudiziaria che per altri.

Nicola Porro, Il Giornale 14 settembre 2020