Sono ormai passati oltre due anni dall’inizio della brutta storia del Covid-19 che ha compromesso diverse libertà personali, avviando attraverso l’introduzione del lockdown, delle mascherine obbligatorie, il distanziamento sociale, il green pass, la vaccinazione obbligatoria per gli over 50 ed il personale sanitario una divisione ideologica tra le persone destinata a far discutere ancora oggi. Molti cittadini determinati nel voler difendere le libertà personali e la libera scelta vaccinale hanno subìto la sospensione dal proprio posto di lavoro pur di mantenere saldi i propri ideali e valori.
A tal proposito è destinata a far aprire nuovi dibattiti sul tema della libertà di scelta vaccinale la decisione del giudice Susanna Zanda della sezione civile del tribunale ordinario di Firenze che sospende il provvedimento dell’ordine degli Psicologi della Toscana che vietava ad una dottoressa di esercitare la sua professione di psicologa perché non vaccinata. «La sospensione dell’esercizio della professione rischia di compromettere beni primari dell’individuo quale il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro di cui all’art. 4 inteso come espressione della libertà della persona e della sua dignità, garantita appunto dalla libertà dal bisogno», è scritto tra le premesse. Tale sentenza, del 6 luglio 2022 è pubblicata sul sito dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Ferrara.
Quando viene citato lo scopo di «impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario», si controbatte che «questo scopo è irraggiungibile perché sono gli stessi report di Aifa ad affermarlo». Si fa riferimento poi ad un «fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi».
Nel contestare l’obbligo vaccinale, il provvedimento cita l’art. 32 comma 2 della Costituzione: «Dopo l’esperienza del nazi-fascismo non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona, senza il suo consenso libero e informato». Ma questo non è ipotizzabile per il giudice «allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è, come in questo caso, coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto “militare”».
Per il giudice, inoltre, la psicologa non può essere “essere costretta, per poter sostentare se stessa e la sua famiglia, a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo Dna alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute”. Il testo del provvedimento contesta pure il fatto che a tutt’oggi «non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi».
Inoltre, si evidenzia che «le varie convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia vietano l’imposizione di trattamenti sanitari senza il consenso dell’interessato perché ne verrebbe lesa la sua dignità e che la Costituzione «non consente allo Stato e a tutti i suoi apparati centrali e periferici di imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell’interessato». Il giudice rileva, altresì, «un’innegabile discriminazione rispetto ai colleghi vaccinati che possono continuare a lavorare pur avendo le stesse possibilità di infettarsi e trasmettere il virus».
Una nuova sentenza, dunque, che tutela la libertà della persona umana come valore universale.
Carlo Toto, 14 luglio 2022