Esteri

Il blitz di Israele conferma: Hamas usa i civili come carcerieri

L’operazione condotta due giorni fa dai reparti dell’antiterrorismo israeliano nel cuore di Nuseirat, città della Striscia di Gaza, che ha portato alla liberazione di Noa Argamani, 25 anni, Almog Meir 21 anni, Andrey Kozlov 27 anni e Shlomi Ziv 40 anni, che erano stati rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 ha avuto diverse reazioni e in molti, soprattutto quelli schiavi delle loro ideologie e dei loro interessi, sono riusciti ulteriormente a dimostrare che il loro mondo gira al contrario.

Inutile ricordare che rapire civili è crimine contro l’umanità secondo le Convenzioni di Ginevra a chi le convenzioni le cita solo quando gli conviene e le applica a corrente alternata. In fondo si sa che le Convenzioni di Ginevra sono come la Sacra Bibbia, tutti le citano ma nessuno le legge.

Il primo a dimostrare tutta la dislessia politica, nonostante dovrà rispondere del libero traffico di armamenti che dal Sinai, attraverso la linea di confine fra Egitto e Gaza, ha armato Hamas di tutto punto, è stato il ministero degli Esteri egiziano che in una nota ha fatto conoscere al mondo il punto di vista del Cairo: “Condanniamo fermamente gli attacchi israeliani a Nuseirat che hanno provocato più di 150 morti e centinaia di feriti in palese violazione del diritto internazionale. Israele ha la responsabilità legale e morale di questo palese attacco. Chiediamo alle autorità internazionali e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di intervenire immediatamente per fermare la guerra israeliana a Gaza e di agire per porre fine alla crisi umanitaria, raggiungendo un cessate il fuoco e introducendo gli aiuti umanitari senza ostacoli.”

Secondo il Governo egiziano la responsabilità è di Israele che cerca di recuperare i suoi cittadini e non di Hamas che prima li rapisce e poi li tiene in detenzione dentro appartamenti civili al centro di una città proprio in modo da causare vittime civili, i famosi scudi umani, da far vedere al mondo quando le cose si mettono male.

A seguire abbiamo nonno Biden che prova per l’ennesima volta ad arruolare il Qatar, quello che ha finanziato il terrorismo in tutto il mondo e con i suoi soldi ha praticamente comprato la totalità delle università americane, e l’Egitto, quello di cui sopra per cui è inutile aggiungere altro, per fare pressione su Hamas.

Pressione che, come al solito, servirà solamente a riempire per poche ore qualche pagina di giornale.

Il Qatar e l’Egitto hanno detto nei giorni scorsi ai leader di Hamas che rischiano l’arresto, il congelamento dei loro beni, sanzioni e deportazione dal loro rifugio a Doha se non accettano un cessate il fuoco con Israele, così hanno riferito al Wall Street Journal fonti vicine ai colloqui. Nulla di nuovo, tutto questo lo avevamo già sentito nei giorni scorsi e, purtroppo, continueremo a sentirlo fino alle elezioni presidenziali Usa di novembre.

Tutto quanto fa campagna elettorale.

Le minacce, come detto, sono state lanciate per volere di nonno Biden che sta cercando un modo per convincere Hamas a raggiungere l’accordo di cui ha bisogno nel tumulto politico che circonda la guerra ma che, non era difficile immaginarlo, hanno avuto l’effetto opposto a quello desiderato.

Infatti Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato che non accetterà un accordo che non soddisfi le condizioni dell’organizzazione. Dichiarazione che non sposta di un millimetro la posizione di Hamas che, forte del sostegno mondiale, crede di poter dettare legge a Gaza ancora per molto. Haniyeh ha anche pubblicato sulla stampa araba un messaggio scritto da Sinwar, un pizzino, dove dice che la proposta di Biden non è accettabile perché non garantisce la fine della guerra.

È chiaro a tutti meno che a nonno Joe che questa risposta, la stessa ripetuta fino alla noia nelle ultime settimane, è per lui un ostacolo insuperabile e che i suoi sforzi per rilanciare i negoziati per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, nonostante la disponibilità dimostrata dal governo di Gerusalemme, sono destinati al fallimento.

Funzionari americani hanno affermato di non aver ancora ricevuto una risposta definitiva da Hamas sulla proposta di cessate il fuoco: “Stiamo ancora aspettando una risposta ufficiale da Hamas. Abbiamo visto alcuni commenti pubblici, ma non li consideriamo ufficiali o come conferme in alcun modo”, ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby che, suo malgrado, è costretto a non vedere, a non sentire e, soprattutto, a non capire, che con il terrorismo in generale e con quello di Hamas e Hetzbollah in particolare, non può esserci dialogo né trattativa.

Peggio di nonno Joe, c’è l’Unione Europea che per mezzo del suo Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Joseph Borrell ha fatto sapere che l’Unione Europea condanna “il massacro di civili avvenuto oggi a Gaza”. Borrell, in una nota, ha fatto sapere che: “Le notizie provenienti da Gaza di un altro massacro di civili sono spaventose. Noi lo condanniamo fermamente. Il bagno di sangue deve finire immediatamente. Il piano in tre fasi del presidente Biden è la via da seguire per un cessate il fuoco duraturo, il rilascio dei rapiti e la fine del massacro di civili. uccisioni e sofferenze continue”.

A questo punto serve un minimo di ordine perché Borrell, che non è come nonno Joe ma porta male i suoi 77 anni, ha completamente decontestualizzato la situazione. Ha parlato di bagno di sangue riferendosi ai dati dei morti forniti da Hamas, che riesce a manipolare i numeri meglio degli ispettori del Superenalotto, e non ha detto che i quattro ostaggi erano detenuti all’interno di due abitazioni civili e che proprio quei civili facevano da carcerieri.

Quei civili, pertanto, non erano proprio civili, ma affiliati al terrorismo di Hamas.

Non ha detto che i due appartamenti erano al centro della città proprio a mo’ di deterrente e per causare le vittime da sventolare davanti a quella parte di mondo che si è arreso e pensa di poter convivere con il terrorismo di natura islamica.

Poi, sempre Borrell, dall’alto della sua età, un comune mortale a 77 anni sarebbe in pensione, e della sua dislessia, quella citata prima, ha condiviso la gioia delle famiglie degli ostaggi liberati e ha chiesto il rilascio degli altri ostaggi, ma ha anche definito l’operazione di salvataggio, che ha restituito quattro ostaggi a Israele, come un altro massacro di civili.

Detto in parole povere facesse pace con il cervello, o è felice per la liberazione o è dispiaciuto per i danni collaterali, altrimenti vale tutto.
In compenso forse qualcuno in Gran Bretagna sta forse aprendo gli occhi.

Tardi, ma come si dice la speranza è sempre l’ultima a morire.
In un editoriale il Sunday Telegraph ha scritto: “Gli audaci sforzi di Israele per liberare i suoi rapiti sottolineano solo la debolezza dell’Occidente che chiede di porre fine alla guerra. Se le richieste di alcuni politici britannici e occidentali fossero state accettate, alcuni dei rapiti non sarebbero tornati a casa. È stata la forza militare, solo la forza militare, a riportarli indietro. L’Occidente deve evitare di riconoscere uno Stato palestinese adesso perché ciò non farebbe altro che allontanare il ritorno dei rapiti e l’eliminazione di Hamas.”

Una rondine non fa primavera ma mantiene in vita la piccola speranza che i cervelli europei non siano tutti andati all’ammasso davanti alle contestazioni alimentate da finanziamenti di cui ancora non si conoscono le origini, ci sono inchieste in corso, e da stampa, la quasi totalità, compiacente.

Anche EuroMedHR, da sempre schierata con i palestinesi, in un articolo firmato da Ramy Abdu ammette: ostaggi israeliani tenuti prigionieri a casa di un medico di Gaza e di suo figlio giornalista. Non è il primo caso di giornalisti o presunti tali che partecipano attivamente al terrorismo, il 7 ottobre 2023 diversi reporter accreditati alla CNN, BBC, Reuters e alla Associated Press si presentarono al confine fra Israele e la Striscia di Gaza insieme ai terroristi di Hamas, diventando anche loro terroristi di conseguenza, per riprendere in diretta video i massacri le uccisioni e le violenze sulle donne e bambini israeliani.

Per questo non c’è da meravigliarsi che Noa Argamani pare fosse trattenuta nella casa del dottor Ahmed Al-Jamal e di suo figlio, Abdallah Al-Jamal giornalista del Palestine Chronicle.

Mentre il conflitto a Gaza, ora incentrato in particolare su Rafah e sulla linea Filadelfia, continua con un’intensità tale da non sconvolgere troppo, nei limiti del possibile, la campagna elettorale americana, i resoconti degli ostaggi liberati fanno luce sulla dura prova alla quale sono stati sottoposti.

Già in passato, dagli interrogatori degli ostaggi liberati durante la prima trance ed ora dai racconti degli ultimi quattro tornati in libertà, emergono ulteriori prove, come se ce ne fosse bisogno, che Hamas sfrutta e ha sfruttato le infrastrutture civili, in particolare gli ospedali ma come abbiamo visto anche abitazioni private, per detenere gli ostaggi che ha in mano.

Queste informazioni, che però stentano a trovare posto nella grande stampa internazionale, hanno evidenziato come le azioni di Hamas abbiano messo in pericolo i civili palestinesi in cerca di assistenza medica e compromesso la sicurezza degli operatori ospedalieri, indipendentemente dalla loro affiliazione.

Si tratta, dovrebbe essere inutile sottolinearlo ma in questo periodo non si può lasciare nulla sottinteso, di una grave violazione del diritto internazionale e dei principi umanitari che richiederebbe un rigoroso controllo legale e tutte le conseguenze che ne derivano.

Ma si sa che Hamas non è Israele e nessuno si sentirebbe di portare un’organizzazione terroristica davanti a una corte penale internazionale come si fa, in mezzo al pubblico che applaude, con l’unico Stato Democratico del Medioriente e a sud del Mediterraneo.
Sì, Stato Democratico anche se a molti è difficile digerire questo concetto.

Una cosa è certa, se Sinwar e compagnia cadranno vivi nelle mani dell’Idf, sarà una corte israeliana e metterli davanti alle loro responsabilità.

Michael Sfaradi, 10 giugno 2024

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