Il campo ristretto

Dopo i risultati in Abruzzo l’accordo Conte-Schlein sembra già tristemente naufragato

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schlein conte

Il risultato delle regionali abruzzesi dimostra che la svolta politica annunciata da Elly Schlein non c’è stata. Così come viene sonoramente bocciato l’evoluzione del cosiddetto campo largo, ovvero il campo larghissimo, con una alleanza che partiva dai moderati del terzo polo e finiva con i vari cespugli della sinistra radicale. In questo senso, così ha correttamente commentato a caldo Giorgia Meloni, vincitrice morale, insieme al resto della coalizione, di questa ennesima tornata elettorale: “Non importa quanto un campo sia largo, quello che conta è che quel campo sia coeso, quanto abbia un’idea chiara da raccontare e da costruire per i cittadini.”

Ciò in evidente contrasto con il pensiero di Romano Prodi, il quale ha cercato di consolare con il classico aglietto gli sconfitti, che avevano scommesso sull’effetto trascinamento delle elezioni sarde (Elezioni in cui, come è stato rilevato da molti osservatori, l’infelice scelta del candidato ha condannato alla sconfitta il centrodestra). In particolare, secondo l’ex premier emiliano, utilizzando una metafora agronomica, “per coltivare un campo largo ci vogliono tanti contadini, sono aumentati, almeno i nostri, ma non sono ancora abbastanza.”

D’altro canto, la coesione sottolineata dalla leader di Fratelli d’Italia non ha mai rappresentato un obiettivo praticabile per Prodi nelle sue due esperienze di governo, dovendosi barcamenare all’interno di alleanze in stile fritto misto che della stessa coesione non conoscevano neppure il termine. Se poi al già  tradizionalmente litigioso schieramento di centrosinistra si aggiunge il Movimento 5 Stelle, un partito costitutivamente piuttosto inaffidabile e privo di un chiaro indirizzo programmatico, il minestrone che ne scaturisce non può che risultare indigesto a molti dei potenziali elettori della stessa area politica.

D’altro canto, secondo una legge non scritta della politica, la sommatoria di partiti dà un risultato positivo quando questi ultimi, come appunto nel caso del centrodestra, offrono una certa immagine di intercambiabilità, seppur anche all’interno di  importanti differenze culturali. Ciò è dimostrato storicamente da un elettorato, da sempre maggioritario nel Paese, che si sposta da una forza all’altra della coalizione, senza tuttavia trasmigrare verso altri lidi.

Ma la medesima sommatoria, quando le differenze percepite sono grandi – pensiamo a quelle tra i partiti del citato terzo polo e la componenti più radicali del centrosinistra -, dà sempre un risultato negativo. Tant’è, come accaduto in Abruzzo, che l’ottimo risultato di Forza Italia, soprattutto in relazione alle politiche del 2022, speculare al crollo dei partiti del terzo polo, dimostra la difficoltà dell’elettorato moderato a sentirsi rappresentato da una coalizione troppo simile ad una armata Brancaleone tenuta malamente insieme da un chiaro interesse elettorale.

D’altro canto, anche il magrissimo risultato raccolto dai grillini, che rispetto alle politiche – quando si presentarono da  soli – hanno perso circa il 65% dei consensi, non depone bene per il futuro di questo centrosinistra esteso. E dato che Conte non sembra aver alcuna intenzione di farsi fagocitare dal partito della Schlein, unica forza politica della coalizione che abbia sensibilmente aumentato i voti rispetto al 2022, il campo largo, o campo giusto che di si voglia, sembra già essersi trasformato in pantano.

Claudio Romiti, 11 marzo 2024

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