Da giorni rimugino sul caso Ilva. È un aspetto economico politico molto rilevante per il Paese, che non possiamo lasciare nelle mani di dilettanti allo sbaraglio come quelli del governo Conte Bis. D’altra parte è un governo che pur essendo assolutamente legittimo, è nato con un uso pesante del forcipe, non adottando tutte le valutazioni-cautele dei protocolli, in primis riproponendo lo stesso primario-barone, già imbarazzante nella prima versione, figuriamoci nella seconda.
D’altra parte lo ha scelto la corrente colto-salottiera del nostro Establishment, e ha pure avuto la bollinatura dei loro corrispondenti ZTL europei. Un’oscenità politico-culturale, oltretutto dichiarata: qualsiasi soluzione pur di non andare alle urne e garantirsi di nominare un nuovo Presidente della Repubblica di sistema. Capite il degrado politico al quale sono scesi? Lo dichiarato così, in modo esplicito (quindi volgare) come fosse un tweet, un post, trasferendo nei cittadini (non fessi) un’arroganza senza limiti. Quando un Establishment che si dichiara liberale e democratico, e giudica “fascisti di ritorno” una parte, rilevante, dei loro concittadini, e teme le elezioni, significa che non possa più dirsi classe dirigente, figuriamoci liberale e democratica.
In Parlamento, un mese fa il M5S di Luigi Di Maio, il Pd di Nicola Zingaretti, Italia Viva del redivivo Matteo Renzi, la Sinistra rediviva di non so chi, e sotto la regia di Giuseppe Conte hanno votato compatti per togliere la cosiddetta immunità al management di Ilva. Lo hanno fatto conoscendo perfettamente la posizione, ufficializzata tre mesi prima, di Acelor-Mittal che prevedeva l’immediato recesso nel caso fosse stata tolta. Oltretutto, non era uno sconcio privilegio assegnato a una “losca” multinazionale, no, era la stessa immunità che avevano preteso, giustamente, i Commissari governativi per gestire la società nel periodo intermedio. Ebbene leadership sciagurate come quelle prima citate hanno sfidato (sic!) Acelor Mittal. Questi hanno accettato la sfida, sono venuti di persona padre e figlio Mittal a comunicare “riprendetevi il pupo, a meno che …”. Non ci posso credere.
Avendo un Establishment di inetti, il discorso verte non sull’execution ma, al solito, sugli “scenari”, sui “retroscena” (sanno parlare solo di quelli). Eccone uno: “I franco tedeschi volevano andarsene perché avevano sbagliato il piano industriale e cercavano il casus belli”, questo il racconto dell’Establishment e della stampa di regime. Può essere anche vero ma resta un’idiozia allo stato puro se chi sostiene questa teoria complottista è lo stesso che gli ha fornito su un piatto d’argento la scusa. Hanno perso il lume dell’intelletto. Non c’è altra spiegazione.
Secondo me il problema non è più del Governo, che sappiamo essere costituito da inetti, partiti dilettanti sono diventati professionisti in corso d’opera, ma dell’Establishment che lo ha proposto e sostenuto a livello italiano ed europeo. Questi dovrebbero chiedere un intervento del Presidente Mattarella (sia chiaro in termini di moral suasion) per nominare uno Zar (modello Usa, Barack Obama lo fece nel caso Chrysler Fiat che portò alla brutale espulsione dei tedeschi di Daimler e alla nazionalizzazione e immediata privatizzazione della società) al quale affidare i pieni poteri per risolvere il problema, punto. Oltretutto l’uomo giusto l’hanno, è dell’Establishment, credo pure pariolino, ma è “perbene”, “capace”, “operativo” da subito, essendo l’italiano che ne sa più di tutti su questa vicenda. È Carlo Calenda. In questi anni è pure cresciuto, scoprendo in se un’intelligenza sociale finora nascosta, ha capito che nell’epoca dell’osceno Ceo capitalism è il lavoro l’asset più importante, intorno al quale ruota tutto.
Lo confesso, sono terrorizzato che nel 2020 esploda una tempesta perfetta innescata dagli esuberi ILVA, Alitalia, Peugeot-FCA e relativi fornitori.
Riccardo Ruggeri, 8 novembre 2019