Il catasto va riformato, parola di liberale

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Che il tema delle tasse, e cioè della necessità di non aggravare ulteriormente il carico fiscale soprattutto sui ceti medi e produttivi, sia un tema centrale e distintivo per il centrodestra, è risaputo. C’è tutta una filosofia, come è noto, dietro questa inderogabile posizione di principio, in netto contrasto con quella statolatrica e redistributiva che è propria della sinistra. Sarebbe perciò assurdo che la destra non tenesse il punto. Ed è giusto che si tengano ben aperti gli occhi e si evitino manovre che anche solo minimamente possano favorire questa prospettiva.

Eppure, l’impressione che trasmettono le vicende di queste ore è che l’alzata dei toni da parte della Lega sia il frutto di un equivoco e di un paradosso. Intanto perché Mario Draghi non è un piazzista politico di second’ordine che fa il gioco delle tre carte e prende in giro gli italiani e i partiti. Quindi, fino a prova contraria, bisogna prestare fiducia a quel che egli dice, e cioè che le tasse non saranno aumentate; che la riforma si riempirà di contenuti attraverso il confronto e la discussione anche in Parlamento; che la revisione degli estimi catastali non sarà portata a termine prima del 2026.

La domanda che ci si pone è allora: perché insistere nel rivedere gli estimi? La risposta è semplice, senza pensare a complotti o a fregature dietro l’angolo e senza fare il processo alle intenzioni: perché quegli estimi sono irrealistici e il proprietario di un superattico al centro di Roma o Milano può rischiare di pagare meno di chi ha una casetta in un paese sperduto dell’entroterra italico. Come è stato ricordato in questi giorni, è proprio uno dei massimi teorici contemporanei liberal-liberisti, Hernando de Soto, che, ne Il mistero del capitale, ha insistito sulla necessità per l’economia di mercato di avere un catasto aggiornato e credibile. Se oggi la casa, che è un bene rifugio costato sudore e sacrifici agli italiani, non è tassata nella misura in cui vorrebbe la sinistra, che ha da sempre in odio la proprietà privata, è perché tutto il sistema si basa su una colossale bugia che non porta a valutare gli immobili per quel che effettivamente valgono. Non è una situazione un po’ da “Paese di Pulcinella” che ci rende poco credibili?

La destra allora dovrebbe pretendere – e questa sì che sarebbe alta politica – che contestualmente alla revisione degli estimi ci sia una riduzione significativa e come minimo proporzionale delle aliquote che gravano sulla casa. Che verrebbe perciò riconosciuta per quello che è, soprattutto in Italia: un valore sociale. Sarebbe un modo “pulito” per affermare un principio e raggiungere lo scopo che oggi viene malamente raggiunto per vie traverse. A latere, bisogna dire che c‘è chi insiste sul fatto che Matteo Salvini fa solo “ammuina” per alzare il tiro e non perdere elettori in fuga verso Giorgia Meloni. Ora, a parte che tutti questi elettori “sovranisti” non è dato oggi vederli (i tempi rispetto a solo tre anni fa sono decisamente cambiati), il leader della Lega credo che abbia capito che è la politica di “lotta e di governo” non piace agli elettori.

Abbandonare il governo, allora? Sarebbe un suicidio politico, soprattutto alla vigilia della elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Non avrebbe sbocchi, né politici né elettorali. Così come è masochistico lasciare Draghi alla sinistra. Salvini è troppo politicamente intelligente per non saperlo. A volte agisce d’impulso, ma più che un limite è forse l’altra faccia della capacità che ha dimostrato di saper conquistare il cuore della gente.

Corrado Ocone, 7 ottobre 2021

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