Che coraggio e che insolenza quel Roberto Speranza che dispensa insensate accuse di fascismo all’indirizzo di Giorgia Meloni in quanto rea di aver affermato di non condividere l’idea di Europa tracciata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel tanto dibattuto Manifesto di Ventotene. Come se decidere liberamente di non sposare in maniera convinta i valori ideologici di un manifesto equivalesse necessariamente a fare di un individuo un pericoloso gerarca fascista da appendere a testa a giù. Ma tant’è.
Questo è quanto afferma sprezzantemente l’ex ministro della Salute, secondo cui, una qualsivoglia critica mossa nei confronti dell’Europa di Ventotene sarebbe automaticamente da ricondurre al reato di “apologia al fascismo“. Insomma, o fai di Ventotene il tuo Vangelo o sei un fascista, tertium non datur.
E pensare che il Roberto Speranza che si avventura in questi strampalati artifici del pensiero, distribuendo patenti di fascismo a chiunque non dovesse condividere in toto i suoi ideali, è lo stesso che, da ministro della Salute dei governi Conte II e Draghi, è riuscito a rinchiudere in casa come dei topi (con tutto il rispetto per i topi) sessanta milioni di italiani con il pretesto di difenderli dagli attacchi del virus. Curioso, no?
Il principale artefice dei provvedimenti più illiberali e antidemocratici che la storia repubblicana ricordi, si prende la briga e di certo il gusto di stabilire, dall’alto di quel pulpito dove egli stesso si è pretestuosamente collocato, chi è fascista e chi no, qual è la corretta idea di Europa a cui doversi ispirare e quale invece quella da scartare aprioristicamente. Una pretesa che appare quanto meno esagerata da parte di chi, dopo gli innumerevoli disastri e i deliri liberticidi che lo hanno (nostro malgrado) reso protagonista nell’era Covid, dovrebbe avere almeno la decenza di tacere.
Salvatore Di Bartolo, 22 marzo 2025
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