Il Corano a scuola? Io dico sì

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di Rino Cammilleri

La possibilità di insegnamento della religione musulmana nell’ora di religione nelle scuole italiane può a prima vista spiazzare quanti tengono alle radici cristiane e temono il dilagare del fondamentalismo islamico. Tuttavia, ha una sua logica.

Innanzitutto, realisticamente la Chiesa sa bene che ogni reciprocità è impossibile e che nei Paesi musulmani che la concedono è un puro optional. Sa bene che in alcuni di questi Paesi chi governa è legittimato solo dalla religione, dalla discendenza dal Profeta o dalla di lui parentela; dunque, fonda il consenso che gli serve per governare su basi tutto sommato fragili, basi che proprio il fondamentalismo cerca di scalzare.

Insomma, anche volendo, i governi islamici non possono concedere nulla alla religione dell’Occidente, pena il rischio di una rivoluzione o di un golpe. La Chiesa sa altrettanto bene che il Fato ha voluto che quasi tutto il petrolio mondiale stia sotto le terga di Paesi di tal fatta, i quali possono benissimo vivere senza lo stile di vita cui gli occidentali sono abituati, laddove questi ultimi sono perduti senza frigo, termosifone, aria condizionata, elettricità, televisione eccetera. Anche il valore che si dà alla vita umana è profondamente differente nei due sistemi, a tutto svantaggio competitivo del nostro.

La Chiesa, dunque, sa benissimo che ogni sgarro, ogni vignetta satirica, ogni presunta mancanza di rispetto all’islam costituirà pretesto per chi soffia sul fuoco per mettere in difficoltà quei regimi, i quali saranno costretti a tener conto delle loro opinioni pubbliche. Non solo, ma la Chiesa sa pure che a farne le spese saranno i cristiani in quei Paesi, perché nessuno, in Occidente, alzerà un dito per difenderli o aiutarli.

L’Occidente vive la schizofrenia di una élite intellettuale, e anche dirigente, che ha in uggia il cristianesimo ed egemonizza un popolo che la pensa, in maggioranza, in modo diametralmente opposto. L’Occidente, col suo pluralismo ideologico, è lento nelle decisioni, non di rado fino alla paralisi. Prendiamo un Trump: pur bene intenzionato, deve estenuantemente contrattare con deputati, senatori e lobby ogni dollaro che intende spendere; ogni quattro anni deve dedicare un anno intero a cercare di farsi rieleggere; ogni nero anche solo insultato gli costa manifestazioni e tumulti; deve continuamente giustificare ogni virgola che dice. Il mondo islamico non ha nessuno di questi problemi.

Questo è lo scenario. E in questo scenario torna a galla il sarcasmo di Stalin: «Quante divisioni ha il Vaticano?». Ebbene, proprio in tale prospettiva la proposta di ammettere un’ora di religione islamica per chi la chiede non pare affatto peregrina. Com’è noto, le forze che vorrebbero abolirla del tutto, quell’ora, sono cospicue. La Chiesa si ritroverebbe come alleati proprio i musulmani, al cospetto dei quali, si sa, i laicisti nostrani sono piuttosto arrendevoli.

E allora, se pluralismo democratico dev’essere, pluralismo sia: nell’ora di religione ognuno scelga di qual religione vuol sentire parlare. Ciò potrebbe essere, anche, uno stimolo a insegnare sul serio quella cattolica, che oggi come oggi è spesso tramutata in ora di buonismo ecclesialmente corretto da docenti intimiditi dall’arroganza laicista. La concorrenza, anche tra le religioni, fa bene, come dimostrano gli studi del torinese Cesnur (Centro Studi Nuove Religioni). Naturalmente, lo Stato dovrà vigilare affinché i docenti di Corano inseriti nella scuola pubblica rispettino il codice civile e penale e non tramutino la loro ora in propaganda estremistica.

Ciò permetterebbe anche di mettere in mora le scuole coraniche spontanee, dal momento che chi volesse fruire di questo insegnamento avrebbe lo spazio messo a disposizione dallo Stato nella scuola.

E nessuna scusa per disertarlo. Sarebbe, insomma, una buona occasione per far nascere in casa nostra quell’islam «moderato» con cui tutti dicono di voler dialogare. Se lo Stato fa bene la sua parte, l’idea potrebbe dare frutti insospettati.

 

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