Cronaca

Il crimine dei tunisini: stuprano mamma e figlio, poi chiedono un panino

Cronaca

Forse c’è dell’enfasi nell’enfasi con cui i giornali riferiscono dell’ennesima storiaccia romana. Enfasi perché sono anni, decenni che siamo qui a raccontarci gli stessi traumi se non perfino peggiori. Perché basta girarsi le stazioni ferroviarie da un capo all’altro, Roma Termini, Milano centrale, Bologna, Firenze, Cesena, Padova e trovi la desolante conferma di un fenomeno che nessuno più vede, un fenomeno endemico, colto con il fatalismo dei rassegnati. A Centocelle due tunisini semimaggiorenni trovano un coetaneo italiano, lo rapinano, lo violentano a turno, più volte, si fanno portare in casa e qui trovano la madre del malcapitato, una cinquantaquattrenne, e ricominciano, come in un film del Giustiziere: la stuprano prima uno, poi l’altro, portano via i soldi e alla fine, siccome sono cose che mettono fame, pretendono due toast al prosciutto cotto. Ma siccome il Giustiziere è solo un film, alla fine non c’è la giustizia sommaria ma la cattura dei due in via dell’Amba Aradam, storica regione etiope.

C’è tutto, non ne manca una. La gioventù bruciata, extracomunitaria, impunita, senza nessuna remora e anche idiota: filmano il loro orrore, così che glielo trovano addosso e, in pratica, si condannano da soli. Ma una idiozia moderna, giovanile. La mania di riprendersi in tutto quello che fanno, le barriere tra il bene e il male, tra giusto e sbagliato travolte, insussistenti, e la consapevolezza che, male che vada, usciranno presto: non sanno niente, ma di essere in un Paese manicomiale lo sanno bene loro come lo sanno tutti, chi si dispera e chi si approfitta. Adesso che dovremmo dire? Che dovremmo scrivere che non sia già stato scritto mille volte? Che la situazione è fuori controllo? Che decenni di lassismo, di tolleranza ideologica sporca, interessata, hanno portato al parossismo? Proviamo invece a vedere le cose per quelle che sono a costo di risultare sgradevoli.

Questo delle schegge impazzite è uno dei fall out di una globalizzazione mai davvero compresa ossia compresa secondo comodo. Una globalizzazione che ha prima confuso, poi messo in crisi le categorie della speculazione sociale e ideale: l’idea, tipicamente di destra, dell’economia subalterna alla politica ne è uscita travolta, quella, di sinistra, marxista, dell’economia che determina la politica ne è uscita apparentemente trionfante ma era un abbaglio, dietro covava la fine della politica resa possibile dall’accelerazione tecnologica, per cui tutto si è finito per maturare, per decidere in prospettiva finanziaria. Da cui, per farla anche troppo semplice, il largo impiego di tecnici mediocri ai vertici istituzionali e le migrazioni incontrollate.

La sinistra di potere non ha capito la globalizzazione ma ha capito che poteva assecondarla arricchendosi a patto di potenziare l’arsenale populistico, la destra ha provato a resistere ma alla fine ha capitolato, vuoi per la solita subalternità culturale e moralistica, vuoi perché ha capito che resistere non era né consigliabile né possibile: i leader che volevano controllare i flussi, gli sbarchi infamati in tutta Europa e negli Stati Uniti, la retorica degli abbracci, dei colori e della catene di mani intrecciate, chi provava a mantenere un limite, un argine a fare la fine di Salvini, sottoposto a ricatto: o ti adegui e te la cavi e magari anche bene, o finisci in galera.

C’è da stupirsi che oggi le città dell’interno continente, del Regno Unito e d’America siano sconvolte da ondate di balordi fuori controllo? Mettiamoci anche che ovunque la sinistra non solo ha costruito lo sciagurato business dell’accoglienza indiscriminata, ma quella dei potentati locali ne ha fatto un serbatoio elettorale, naturalizzarli, farli figliare per fingere di tutelarli e farsi votare. E la è una finzione, perché alla fine questi balordi restano abbandonati a loro stessi e lo sanno. Sanno anche di non essere più controllabili e lo dicono: sfidano la polizia sui social, arrivano agli stupri di massa a Capodanno, si organizzano in bande sempre più estreme e organizzate. A questo punto il vaso di Pandora è scoperchiato e nessuno potrà richiuderlo.

Allora che si fa? Si mette in scena l’ennesimo sconcerto sulla integrazione disintegrata, sul multiculturalismo mancato? Ma ne avvertiva Giovanni Sartori 20 anni fa: subito fatto passare per un vecchio bislacco e fascistoide. È da queste rimozioni forzate che si stratificano situazioni irrisolvibili, ma va anche riconosciuto che i grandi movimenti non possono ragionevolmente venire arrestati, tutt’al più orientati, organizzati. Ma chi ne ha voglia? Abbiamo un ministro come Lamorgese che di fatto si è arreso alla tratta umana, abbiamo Comuni e Regioni che non si azzardano a toccare i delinquenti di seconda e terza generazione, abbiamo una propaganda in funzione giornalistica che, insufflata dall’Unione Europea, proibisce di informare circa la matrice dei criminali e degli stragisti almeno fino a che sia possibile. Basti vedere i corsi di formazione dell’Ordine dei Giornalisti.

Siccome la sinistra non può ammettere di sposare il “legge e ordine” ma neanche può permettersi di assecondare ancora l’idea della connivenza criminale, se la cava accanendosi sugli indigeni, dirottando le forze dell’ordine a controllare non i focolai potenzialmente pericolosi ma gli incauti senza greenpass. Sono le “convergenze parallele”, come le chiamavano nella Prima Repubblica, per dire un orrendo grumo di opportunismi e di impotenze talmente mescolati da risultare non più distinguibili. Insomma, tutti colpevoli nessun colpevole. Poi accade che due farabutti tunisini si facciano servire un panino da una che hanno appena violentato, insieme al figlio, e tutti dicono: ah, così non si può andare avanti, in questo Paese non si può più vivere.

Max Del Papa, 22 marzo 2022