No alla dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbt e sigle varie da parte dell’Italia. O meglio: nessuna adesione al ddl Zan in salsa europea. L’Italia non è stato l’unico Paese a non piegarsi ai diktat talebani della comunità arcobaleno: il testo non è stato siglato nemmeno da Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Non si tratta ovviamente di negare i diritti delle varie minoranze, con buona pace dei soloni rossi che parlano di discriminazione: lo scorso 7 maggio Roma aveva aderito alla dichiarazione contro l’omofobia, transfobia, bifobia del Servizio di Azione Esterna Ue e dei 27. Qua parliamo di appoggiare una dichiarazione integralista, tesa a minare le differenze in nome dell’ideologia gender.
Nel testo bocciato dall’Italia gli Stati si impegnano in particolare ad attuare strategie nazionali per le persone Lgbtiq+ e a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l’uguaglianza”. Sul tavolo risorse e collaborazioni con la società civile, ma non solo. Il testo era completamente sbilanciato sull’identità di genere, ricalcando quanto previsto dal già citato ddl Zan. Il governo italiano è in prima linea contro l’omotransfobia, ha ribadito il premier Giorgia Meloni, che ha parlato di “discriminazioni e violenze inaccettabili, che ledono la dignità delle persone e sulle quali i riflettori non devono mai spegnersi. Anche su questo fronte, il governo è, e sarà, sempre in prima linea”. Nonostante la chiarezza e la coerenza – dote sconosciuta a sinistra – le polemiche strumentali della sinistra non sono venute meno.
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Il piano della sinistra è chiaro: denunciare l’omofobia e le presunte discriminazioni della comunità Lgbt per ottenere il gender. Ossia la negazione dell’identità maschile e femminile. Una vergogna, senza troppi giri di parole. No a qualsivoglia tentativo di discriminazione, ma questo non significa accettare ogni pretesa della galassia arcobaleno, tra le minoranze più piccole ma anche tra le più rumorose in Occidente. Basti pensare a matrimoni e adozioni gay, la fluidità sessuale nelle scuole e perché no l’utero in affitto. E ancora, il pericolo per la libertà di espressione: esattamente come il ddl Zan, il rischio è quello di sfociare nei reati di opinione per affermare che esistono solo due sessi e non n-mila come inventato dagli iper-progressisti.
La sinistra alza la voce, pronta a sfruttare ogni spiraglio per dare il contentino agli Lgbt e provare a strappare qualche punticino nei sondaggi. E qui torniamo alla coerenza. La stessa sinistra fa la parte del leone quando si tratta di una votazione in Europa, ma poi sparisce – come un fantasma – quando si tratta di denunciare quei Paesi dove l’omosessualità è punita con la pena di morte o con decine di anni di carcere. Doppiopesismo allo stato puro. O forse è solo convenienza. Ma gli elettori ormai lo hanno capito, con buona pace di Schlein, Zan & Co.
Massimo Balsamo, 18 maggio 2024
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