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Il decreto su Genova? Un pasticcio

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I genovesi non avranno il ponte, i poveri non avranno il reddito di cittadinanza e i contribuenti non avranno la flat tax. Ad ottobre sono in arrivo le Agenzie di rating di Moody’s e Standard and Poor e saranno i mercati a fischiare la fine della ricreazione e le euforiche comparsate sui balconi. L’ultimo capolavoro di questo governo di azzeccagarbugli è il decreto su Genova, un obbrobrio giuridico con aspetti di incostituzionalità.

Ma la perla finale è stato l’annuncio della nomina come Commissario straordinario dell’ennesimo Carneade, Claudio Gemme, esperto di efficienza energetica, tanto vanesio quanto a totale digiuno di appalti pubblici e procedure ministeriali. A meno che non si sia ritenuto che la competenza gli provenga dalla mamma sfollata, in linea con la nuova politica dell’improvvisazione. Se davvero è stato Matteo Salvini a indicarlo, sarebbe meglio che continuasse ad occuparsi solo di immigrazione, se invece è stata Confindustria a suggerirlo, sarebbe stato forse meglio sceglierlo a sorte come place a Grillo. A ciò si aggiunga il conflitto di interessi con Fincantieri, che Lega e 5stelle auspicavano come general contractor ma che sarà costretta a fare un passo indietro.

Il decreto su Genova, affidato ad un uomo delle Istituzioni che sa di diritto (perché no Raffaele Cantone), era l’occasione per sospendere le procedure e le lungaggini burocratiche che complicano l’iter degli investimenti in Italia. Si sarebbe finalmente liberato il Paese dai mille impedimenti che oggi lo bloccano, invece si è fatto l’esatto contrario. Nel decreto sono state inserite ulteriori norme che con il ponte hanno ben poco a che fare, con il risultato che, come ci sono voluti 45 giorni per avere un testo che poteva essere scritto in 24 ore, ci vorranno proporzionalmente anni per ricostruire il viadotto. E, invece di semplificare, si complicano le procedure, tanto che sarà quasi impossibile arrivare ad individuare l’impresa cui affidare i lavori a Genova per i mille ricorsi che ver-ranno presentati.

Lascia sconcertati il Premier Conte, professore di diritto privato che presentandosi come l’Avvocato degli italiani, possa aver avallato un simile pasticcio. A pensare male si fa peccato ma spesso ci si indovina, non è che la giustificata foga contro Autostrade sia solo di facciata? Un decreto scritto in questo modo sembra fatto apposta per far rientrare i Benetton della finestra, magari attraverso i loro sodali di sempre, la Cimolai di Udine. E intanto continuano a incassare i pedaggi più cari d’Europa, i prezzi folli negli Autogrill, a fare manutenzioni all’acqua di rose, come quelle sul tratto di Bologna andato a fuoco quest’estate, con i dirigenti del Mit lasciati ai loro posti. Sarebbe una beffa con Giovanni Castellucci che non sente il bisogno quanto-meno di autosospendersi.

Ma Grillo, Di Maio e Salvini devono fare attenzione perché i genovesi hanno i forconi nelle loro cantine. Se pensano di far ripartire in questo modo la crescita in Italia, possiamo già scommettere che invece tornerà la recessione. La gestione dilettantesca del disastro di Genova è solo I’antipasto di quello che sarà, nei fatti, il governo del cambiamento.

Luigi Bisignani, Il Tempo 30 settembre 2018