Il dilemma del marziano: meglio Trump il pazzo di Kamala la snob

Pochi giorni al voto negli Usa. Gli americani chiamati a scegliere tra il peggio e il meno peggio. Un ritratto dei due candidati

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VOTO usa

Svegliarsi al mattino e scoprire che non c’è più il mondo o forse sei tu a non esserci più, non sei più lo stesso, sei un marziano che non capisce il mondo. E non sei a Roma,  come quello di Flaiano, ma a Washington, la New York, in Wisconsin, insomma ti prepari a votare per la più ingombrante democrazia dove scegliere un presidente costa 20 miliardi di dollari. Tutti bruciati in comunicazione, cioè pubblicità elettorale. E vedi due che non capisci, devi preferirne uno ma non capisci, sono due marziani o meglio il marziano sei tu.

Sfogli i giornali elettronici e scopri che in Germania un bambino, un neonato, può cambiare sesso, dietro autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci, ogni volta che vuole, ovvero non ha sesso, con l’autocertificazione, però se ha 5 anni, essendo maggiorenne, deve prestare il consenso in prima persona. Volti pagina, anzi schermata, e trova che in Italia due stimati medici hanno fatto il giro del mondo per aggirare una legge comperando un feto, poi neonato, da una povera disgraziata senza soldi, li hanno presi che già salivano sull’aereo per Parigi. Probabilmente avrebbero fatto scalo in Germania tanto per comprare una cittadinanza, così potevano scegliere il sesso del figlio ancora impacchettato, ordinato e ritirato.

Coraggio marziano, non buttarti giù, non lasciarti confondere, che devi votare. Ci sono due con certe messe in piega da creativi. Uno, quello conservatore, è un miliardario amico di uno ancor più miliardario che dice: le auto elettriche sono la rovina, e le ha inventate lui, però adesso coi razzi promette di occupare Marte e una certa Ilaria Salis italiana si è già prenotata. Il candidato con la grana lo definiscono immancabilmente “tycoon”, pronuncia taicùn, alla piemontese, passa per reazionario ma lo maledicono siccome guarda avanti, troppo avanti, bene o male che sia. L’altra è definita progressista ma con la testa avvitata alla rovescia, a un tempo che non esiste più se mai è esistito.

Non ci capisci niente, marziano? Allora vai su wikipedia, che essendo enciclopedia del popolo, anche se i finanziamenti non finiscono mai al popolo, dice le cose come piacciono al popolo: il taicùn è definito per pagine e pagine tipo una specie di Al Capone in salsa Hitler, in vita sua non ha mai fatto altro che del male, ma cattivo, infame. La progressista esce per pagine e pagine come una salvatrice dell’umanità, un incrocio fra madre Teresa, Leonardo da Vinci ed Einstein, ma buona, come dicono del megadirettore  gli impiegati servili di Fantozzi. Allora com’è che i due phonati sono in bilico? Perché le faccende del neonato che si sceglie il sesso da solo e dei due stimati professionisti che vanno a comprarselo in Argentina, terra papale, succedono in Europa ma sono di importazione americana, di una bislacca ma micidiale cattedrale satanista chiamata woke, e la rappresenta la fazione della salvatrice del mondo, mentre il Taiwan dice: con me questo scempio, mai. E tutte le wikipedia e i media del mondo possono dire che questo è il progresso e la civiltà che piace alla gente, solo che alla gente non piace, piace solo a una piccola porzione di privilegiati convinti che al mondo ci vogliono sempre più leggi, sempre più istituzioni, sempre più Stato per imporre alla plebe tutto quello che per loro non vale.

Donando Trump è pazzo e a 78 anni è sembrato più esagerato che mai, forse un po’  fuori controllo. È un taicùn, per dire un affarista per il quale la parola data non vale niente, uno che ti giura di fare o non fare una cosa e intanto fa l’esatto contrario (per questo motivo una volta, nel 1989, rischiò di finire accoltellato da Keith Richards dei Rolling Stones prima di un concerto a Las Vegas, per altro in un’arena di proprietà di Trump: alla fine non se ne fece niente perché le  guardie del corpo del padrone di casa erano meno ceffi di quelle della rock band, e finirono col rinculare). Uno che se gli rinfacci le sue elusioni fiscali ti risponde, beh? Non sono un drago? Però è anche uno che ha capito alcune cose e quelle non le tradisce. Per esempio che quel che resta della classe operaia, diciamo il post proletariato americano, non puoi definirlo apertamente “straccioni miserabili, io penso alle banche”,) come fece la sua prima antagonista, Hillary Clinton, moglie di uno che era già stato presidente.

Taicùn anche lui pensa alle banche, avendo alcuni miliardi di dollari da amministrare, però dagli straccioni ci va, li ascolta, mostra o finge di considerarli e si porta via I loro voti. Lo stesso con gli immigrati: qui non si passa, promette, ma aggiungendo che quelli disposti a diventare dei veri buoni americani possono farcela a diventare come lui. Balla colossale, ma di che vive la politica? E quelli lo votano. Donald l’inaffidabile ha capito anche che l’America era stanca di fare il gendarme del mondo, almeno in forma diretta, e ha promesso che con lui la musica sarebbe cambiata. Tu chiamalo, se vuoi, isolazionismo, però a differenza dei predecessori (vero, Obama?), ha mantenuto e adesso molti pensano o si illudono: se non ce la fa lui, a fermare Israele e quegli altri due, che si somigliano, tra Russia e Ucraina… non ce la fa di sicuro la stupor mundi di Wikipedia, la Kamala Harris.

Che è indefinibile, bianca? No, nera? Non proprio, rossa? Mah, insomma, di pelle pochino, di testa assai ma il sospetto è che sia tutta una recita. Di sicuro è distante dalla plebe quanto i precursori “progressisti”, e più di loro sponsorizza una agenda talmente insostenibile che, nei fatti, è costretta a smentirla, a tradirla punto per punto: integrazionista, ma a chiacchiere; immigrazionista, ma i muri di Trump si guarda bene dal buttarli giù, anzi li allunga; accogliente, ma va in Messico ad ammonire: state buoni, non vi muovete, se passate di là ve ne facciamo pentire; genderista, famiglia open space,  aborto più obbligatorio che libero, utero postal market ma nella realtà moglie, madre femmina nel modo più tradizionale americano, quasi bigotto, l’unica cosa che cambia sono i soldi, che non mancano neanche a lei, dopo una vita ai vertici di praticamente tutte le massime istituzioni. E quello inaffidabile sarebbe taicùn? Lui sembra pazzo, lei pare stupida. Ha snobbato la stampa, si è sottratta ai confronti, se messa alle strette quanto a incoerenze, il che accade regolarmente, lei ride, ride di un riso vacuo e arrogante, e non risponde. I neri ancora la scelgono, ma meno di prima, i nativi rossi proprio no, e neanche la potentissima lobby sindacale degli autotrasportatori. Lo stesso megataicùn ultraprogressista Bezos l’ha mollata: un motivo ci sarà.

In politica di motivi ce n’è sempre a caterve, e non  bastano perché la politica non è una scienza esatta. Però, alla fine, al netto dei soldi, i finanziamenti, le lobby, i giri, i gomblotti, i reset, sai che resta, caro il mio marziano? Resta la cosa più semplice e più inevitabile, resta la faccia, che poi casca sullo stomaco: o la digerisci o ti resta lì, ti torna su e questo si traduce in voto. Trump è indubitabilmente un figlio di puttana, e se mai ci leggesse non c’è dubbio ci manderebbe un tweet compiaciuto. Però ci sa fare. Lo si odia ma senza convinzione, più per dovere d’ufficio, come la pletora di vippastri che minacciano, se vince lui espatrio e poi lui vince e loro fanno gli spettacoli nelle arene che portano il suo nome, perché taicùn è megalomane. Quello Springsteen, boss dei leccaculi dem!

Kamala invece per quanto ce la metta tutta è accattivante come una catastrofe, spontanea come un miraggio, autentica come una banconota in fotocopia: sono doni o condanne di natura, non c’è niente da fare. Biden, da lei progressivamente fatto fuori in fama di suonato, ma che forse tutti abbiamo sottovalutato, a una manciata di ore dal voto si è vendicato col calcio dell’asino: ha definito gli elettori di Trump “spazzatura” provocando una transumanza di una milionata secca di elettori dalla sua vice alla “canaglia” che intristisce Leo di Caprio, ambientalista in superpetroliera, paladino dei diritti delle donne che faceva i festini con Puff Daddy; idem per la Taylor Swift, per la Jennifer Lopez, tutti che proclamano: fermiamo la canaglia, votiamo per il bene. La canaglia,  taicùn, prontissimo si è fatto effigiare vestito da netturbino alla guida di una Ape Piaggio.

Trionfo mediatico, ma non è questo: immaginate, in reverso, la sofisticata, sprezzante, razzista Harris negli stessi panni: non susciterebbe né simpatia né divertimento né autoironia, farebbe solo pena e rabbia e lei lo sa. Alla fine, la gente, la plebe, preferisce i figli di puttana agli stronzi snob. È già successo e rischia di succedere ancora. E tu che fai, marziano a Washington? Come la metti?

Max Del Papa, 3 novembre 2024

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