hiosando il Cameo di ieri, un grande amico, personaggio fra i più autorevoli dell’establishment nel trentennio 1980-2010 (che fu anche il mio), mi ha scritto sostenendo una tesi interessante, non comparsa sui giornali: Sergio Mattarella rimanderà alle Camere Paolo Gentiloni, per vedere chi ha il coraggio di votargli contro. Con presidenti tipo Giorgio Napolitano o Oscar Luigi Scalfaro avrei convenuto. Non con lui: rappresenta il meglio del meglio della Prima Repubblica, mutatis mutandis è della stirpe dei Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, Aldo Moro.
È politico accorto e scaltro, non ha bisogno di alcuna verifica: questa c’è già stata, il 4 marzo gli italiani, nell’ombra dell’urna, hanno politicamente abbattuto tutti quelli al potere, Gentiloni compreso (oggettivamente il meno peggio, almeno come stile, ma non conta nulla, è marchiato). Non li vogliono proprio più vedere. E lo ha fatto la maggioranza assoluta degli italiani, il 70% contando tutto il Centrodestra, il 55% escludendo tutta Forza Italia. (A proposito, se Fi non si affretta a fondersi nella Lega, come sostiene Giovanni Toti, con Berlusconi resterà solo lo stato maggiore e il portiere dello stabile).
Purtroppo, noi delle élite ci rifiutiamo di prendere atto che dopo Brexit, dopo Donald Trump, dopo le elezioni tedesche, dopo il 4 dicembre e il 4 marzo (hanno definitivamente abbattuto Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, oltre ad aver reso irrilevante la Sinistra-Sinistra), siamo diventati retroguardia. Ce la prendiamo con il povero Renzi che non fa autocritica, mentre dovremmo essere noi i primi a farla, ma per trarne le conseguenze. Cioè metterci in pausa, meglio, in mutua. Per anni ci siamo ripetuti che stavamo entrando in un mondo nuovo, via pensieri e comportamenti analogici, sarebbe stato tutto digitale. E noi élite eravamo l’avanguardia. Non avevamo valutato che i cittadini avevano deciso altrimenti. Con modalità analogiche ci hanno buttato fuori dal mondo analogico. I più intelligenti di noi si chiedono: come entrare nel digitale, se non sei più neppure nell’analogico?
Consiglio a tutti quelli con cui parlo di procurarsi il discorso-manifesto di Gianluigi Buffon, dovete analizzarlo, scomporlo, ricomporlo, riempirlo di note a margine. Lì c’è tutto, racconta la fine di un mondo, se ne fossi capace ci farei un libro. E poi la recitazione è altissima, mi ha ricordato personaggi scespiriani interpretati da Laurence Oliver. Se non ci diamo una mossa finiremo tutti così.
Mattarella deve far svolgere la sceneggiata dell’esploratore (o il presidente del Senato o della Camera), per attendere i risultati delle regionali in Molise e in Friuli-Venezia Giulia. Poi, come scrivo da tempo, opterà per un governo “tutti dentro salvo Salvini”, ultima chance che concede all’establishment per sopravvivere fino alle prossime elezioni europee. Visto che sta prevalendo la solita fazione miope dell’establishment questo è il massimo che il Presidente può loro concedere.
Cari amici, il dramma è che non abbiamo più idee, quindi non siamo più leader, non abbiamo più il diritto-dovere di essere élite. Come diceva Thomas Mann, “Se siete posseduti da un’idea la trovate espressa ovunque, ne sentite persino l’odore”. Abbiamo perso persino il privilegio dell’olfatto.
Riccardo Ruggeri, 18 aprile 2018