Beh, forse chi dice che la mascherina non ce la toglieremo più, non fa una boutade. O almeno il rischio che non lo sia c’è tutto, secondo quanto prevede un rapporto di una dozzina di pagine stilato da 26 scienziati di tutto il mondo in occasione del Global Healt Summit che si è svolto in questi giorni a Roma. Gli scienziati parlano di una “age of pandemics” che a loro dire si starebbe per aprire e di cui l’epidemia di Covid tuttora in corso sarebbe solo il preludio. Una prospettiva inquietante, che però non deve meravigliarci: già Ulrich Beck aveva intuito che in un mondo globale anche le emergenze lo sarebbero state, e quindi si sarebbero manifestate a getto continuo per la semplice facilità della loro propagazione.
Epidemie senza fine
Se poi gli scienziati insistono su quelle virali, è solo perché fanno il loro mestiere, e guardano le cose dalla loro prospettiva (che fra l’altro li rende socialmente importanti e quindi li ripaga ampiamente). Anche i virus informatici, per fare solo un esempio, potrebbero con facilità bloccare sistemi vitali degli Stati e persino generare conflitti. Come uscire da questa china pericolosa? Non è facile dirlo, ovviamente, e nessuno ha la soluzione, ma individuare ove sia il male, almeno per chi crede nei valori della libertà, è forse già un modo di provare a risolverli. Un male sarebbe senza dubbio se la politica si genuflettesse ancora per lungo tempo alla scienza, che è disciplina troppo importante per essere affidata agli scienziati, cioè a uomini non solo fallibili come tutti gli umani ma anche, come loro, portatori di interessi specifici, e non solo economici. Ma un male, più in generale, è la crisi delle nostre democrazie, e del liberalismo, da un punto di vista politico; e dell’Occidente, come più generale sistema di valori, da un punto di vista morale.
Le politiche della catastrofe
Quella che stiamo vivendo non è stata solo la prima epidemia globale, ma anche la prima che ha colto l’Occidente in una crisi di senso (che ha investito la stessa Chiesa cattolica, le cui risposte non sono state all’altezza della sua bimillenaria tradizione). Fermandoci in questa sede all’aspetto politico, mi sembra che una conclusione si possa già trarre: la gestione della pandemia è stata, e continua ad essere, caotica, confusa, improvvisata. E ispirata da una mentalità illiberale che ha l’egemonia in tutta la società, in alto e in basso, ma che diventa come sempre molto deleteria quando si incrocia, nelle classi dirigenti, con l’esigenza di conservare il potere a prescindere (il potere per il potere, non essendoci più gli ideali e le visioni di sfondo). Sono le “politiche della catastrofe” di cui ci parla magistralmente il grande storico inglese Niall Ferguson in Doom, il suo ultimo libro uscito in questi giorni. E il cui incipit è da manuale: “Mai nel nostro tempo c’è stata maggiore incertezza sul futuro, e una maggiore ignoranza del passato”.