È il virus letale che guasta dalle fondamenta la democrazia in Europa che Tocqueville distingueva bene dalla democrazia in America. Lo Stato non può limitarsi a prendere atto dei costumi, delle credenze, delle opinioni, dei pregiudizi di un paese aspettando, pazientemente, che evolvano nella direzione di una sempre maggiore tolleranza e libertà, ma deve sollecitare i cambiamenti, prepararli, facendo della società civile un’immensa aula scolastica in cui “educare i cittadini”. Le potenzialità totalitarie di questa missione pedagogica (cara, peraltro, a tutte le sinistre, da quella mazziniana a quella comunista, passando per il fascismo, a suo modo un regime di sinistra, in quanto mezzo nazionale e mezzo socialista) non sono minimamente percepite.
Vincenzo Cuoco che sta al liberalismo italiano come Giovanni Battista al Vangelo, aveva forse capito tutto. Parlando del diritto di proprietà, nel “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”(1801), confutava le tesi di quanti ricorrono alla natura (e alla ragione che, per gli illuministi era quasi un sinonimo di natura) come a un’autorità infallibile. “Voler ricercare un titolo di proprietà nella natura è lo stesso che voler distruggere la proprietà: la natura non riconosce altro che il possesso, il quale non diventa proprietà se non per consenso degli uomini. Questo consenso è sempre il risultato delle circostanze e dei bisogni nei quali il popolo si trova. Tutto ciò che la salute pubblica imperiosamente non richiede, non può senza tirannia esser sottomesso a riforma, perché gli uomini, dopo i loro bisogni, nulla hanno e nulla debbono aver di più sacro che i costumi dei loro maggiori. Se si riforma ciò che non è necessario riformare, la rivoluzione avrà molti nemici e pochissimi amici”.
C’è da preoccuparsi. Le leggi che fanno violenza ai costumi ne bloccano l’evoluzione naturale e li irrigidiscono in una difesa dell’esistente e di tutto ciò che in esso permane di negativo. La reazione al nuovo che avanza spiana la strada alla tirannide del passato, in fondo alla quale attende il Lager. Il programma illuministico rivela oggi tutte le sue potenzialità totalitarie: per disfarsi, in nome della ragion egualitaria, dell’“uomo vecchio” non esita a sacrificare l’uomo tout court. Gli ingegneri delle anime, atei e razionalisti, si rifiutano di prendere atto che la dialettica tra il vecchio e nuovo, tra il passato e l’avvenire non può essere affidata alla sfera pubblica ma deve fermentare dal basso, liberamente, trovando ricomposizioni sempre nuove e mutevoli: in fondo alla loro strada, attende il Gulag. I successi elettorali dei Trump e dei Salvini non sono certo casuali.
Dino Cofrancesco, 24 luglio 2019