In Francia è andato tutto come previsto: il Paese è sprofondato in una crisi politica col voto di sfiducia con cui il Parlamento ha fatto cadere il governo di minoranza del primo ministro Michel Barnier, dopo tre mesi di vita, il periodo più breve di qualsiasi amministrazione della Quinta Repubblica francese. 331 deputati hanno votato a favore della mozione di censura: presentata dall’alleanza di partiti di sinistra Nuovo fronte popolare (Nfp) è stata sostenuta dai parlamentari del partito di estrema destra Rassemblement National di Marine Le Pen. Ma il vero sconfitto non è Barnier, pur responsabile di aver presentato una Legge di Bilancio in stile-Monti che non serviva alla Francia e ai francesi, ma il solito noto: Emmanuel Macron.
Vanaglorioso e tracotante come suo solito, il capo dell’Eliseo sperava in un ripensamento del Rassemblement National e invece deve fare i conti con pioggia di richieste di dimissioni. Tornato da una visita ufficiale in Arabia Saudita, Macron si trova di fronte alla peggiore crisi politica dei suoi due mandati. Prenderà la parola alle ore 20.00, ma sappiamo già che non ci sarà alcun passo indietro: il mandato naturale scade nel 2027, non è costretto a dimettersi dalla Costituzione e ha escluso di lasciare l’incarico, definendo tale scenario una “finzione politica”: “Sono stato eletto due volte dal popolo francese. Ne sono estremamente orgoglioso e onorerò questa fiducia con tutta l’energia che mi è propria fino all’ultimo secondo per essere utile al Paese”. Come sappiamo, non potranno essere indette nuove elezioni parlamentari prima del prossimo luglio, il che riduce le opzioni di fronte a un’Assemblea nazionale profondamente divisa.
Dimissioni o non dimissioni, Macron è il vero responsabile di questo caos. Barnier era stato nominato primo ministro lo scorso 5 settembre, dopo due mesi di sospensione in cui la Francia era guidata da un governo dimissionario. L’anno solare ha visto tre premier: oltre al 73enne, Elisabeth Borne e Gabriel Attal. Quest’ultimo, il più giovane primo ministro della storia, ha ricoperto la carica per sei mesi, prima delle dimissioni. Già in quell’occasione il capo dell’Eliseo aveva sorpreso tutti con una giocata da gambler, convinto che le elezioni europee vinte in gran parte dall’estrema destra (quasi il 40% dei voti) fossero state una “liberazione”. Scommessa persa.
A differenza di quanto previsto dai sondaggi – la vittoria del Rassemblement National – le elezioni legislative indette dopo le europee hanno visto la formazione di un “fronte repubblicano” e soprattutto il successo della sinistra nella formazione inedita del Nouveau Front Populaire. Risultato? Un’assemblea nazionale ancora più fratturata che nel 2022. Nessun blocco con la maggioranza relativa per tentare di governare. Da qui l’operazione di Macron che impiega due mesi per nominare un nuovo premier, Barnier, durato appena tre mesi. Un disastro senza precedenti, con buona pace di quel leader che voleva guidare l’Europa.
Macron ha puntato tutto su se stesso, convinto di avere la verità in tasca. Ha fatto il bello e il cattivo tempo, cambiando primi ministri e annunciando nuove elezioni, tutto pur di provare a mantenere la popolarità. Più un giocatore di poker che uno statista, come testimoniato dalla scelta di portare la Francia alle urne in un mese dopo i risultati delle europee, ottenendo il contrario di quanto sperato. Ora il Paese non sa come approvare la legge di bilancio, non sa quale governo verrà nominato e non sa come arrivare al luglio del 2025, prima data che la Costituzione indica per nuove elezioni anticipate.
Una soluzione ci sarebbe, le elezioni presidenziali anticipate, possibili solo con le dimissioni di Macron. Ma come già sottolineato in precedenza si tratta di fantascienza: è troppo attaccato alla poltrona, troppo affamato di potere per poter pensare di perdere l’Eliseo. Perché sa benissimo che dopo la scadenza naturale del mandato – fissata 2027 – per lui inizieranno tempi difficili. Come confermato da recenti sondaggi, i francesi non si fidano più di lui e quindi appare complicato immaginare un futuro di primo piano in Europa, nonostante gli ottimi rapporti coltivati con molti leader internazionali. Le ambizioni da primadonna hanno avuto lo stesso effetto di un boomerang e ora Parigi deve fare i conti con una fase disastrosa che probabilmente si protrarrà per mesi. In sintesi, in questo mare di dubbi e incertezze, emerge un dato chiaro, limpido, cristallino: il macronismo è un fallimento totale.
Franco Lodige, 5 dicembre 2024
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