Ci sono recensori armati di scimitarra e altri che prediligono il fioretto. Appartengo alla prima categoria e non me ne vergogno. E tuttavia un conto è la stroncatura (di cui già nel primo Novecento si lamentava la scomparsa), un conto ben diverso è l’attacco personale, l’insulto con la penna intinta nel fiele.
È la penosa impressione fatta – non solo a me ma a tanti colleghi universitari storici e filosofi che mi hanno scritto – dalla replica di Emilio Gentile a Gianfranco Pasquino nel lungo articolo Non soprassediamo sul totalitarismo («Il Sole 24 Ore», 4 luglio 2021), Lo scienziato politico, nel suo ultimo libro, La libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana (Utet, 2021) aveva scritto: «Per i regimi non democratici esistono due generi: autoritarismo e totalitarismo. Con buona pace di Emilio Gentile che imperterrito combatte la sua personale battaglia di lungo corso e contro molti a favore della interpretazione ‘totalitaria’ – il fascismo appartiene al genere autoritarismo e non a quello totalitarismo». Apriti cielo! Dissentire da Gentile su questo punto, stare dalla parte di Hannah Arendt e non da quella dello storico di Bojano (paese peraltro benemerito per le sue mozzarelle) significa peccare contro le scienze storiche.
Di qui una valanga di insulti («Tristo è quel discepolo che non avanza lo suo maestro» detto del rapporto tra Pasquino e Norberto Bobbio – c’è proprio da dire «da quale pulpito…»; «color che sanno sono sempre di meno di color che parlano di cose che non sanno») seguita da un elenco di storici e politologi che, anche grazie agli studi del suddetto Gentile, si sarebbero convinti che il fascismo fu proprio un regime totalitario. Negarlo significa ignorare che Mussolini fu «il capo di un partito armato, che impose il monopolio del potere con la violenza; perseguitò, imprigionò, assassinò gli avversari, irreggimentò il popolo in un regime a partito unico, obbligandolo a credere, obbedire, combattere nel culto del duce» e che «questo fu il totalitarismo fascista» [applausi a scena aperta dell’ANPI]. E per rincarare la dose: «con la sua battuta Pasquino augura buona pace a Mussolini [ha ragione Michela Murgia; ogni revisionismo è fascismo] ma la toglie a Giovanni Amendola, Luigi Sturzo, Piero Gobetti, Lelio Basso, Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti [!] Carlo Rosselli, Emilio Lussu, esiliati, imprigionati dal totalitarismo fascista».