Pasquino, come Macbeth, perseguitato dalle ombre di Banquo dagli antifascisti è l’ultima cosa che poteva venire in mente. Però Gentile avrebbe potuto citare tanti altri storici nella sua critica ai suoi critici. Ad esempio, per restare a Torino e all’ambiente intellettuale di Norberto Bobbio, Massimo L. Salvadori che, nella Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016 (Einaudi, 2018) scriveva: «Diverso fu il caso del regime fascista. In Italia questo impose sì il proprio monopolio politico, ma Mussolini dovette, a differenza di Stalin e di Hitler, condividere le massime cariche con il re, nelle cui mani restavano la facoltà di ritirare la fiducia al capo del governo e il comando supremo delle forze armate. Non a caso, per indicare il tipo di rapporti instauratisi tra il Duce e il sovrano, si parlò di una ‘diarchia’. Si trattò di elementi assai importanti di debolezza».
La severa lezione di richiamo ai fatti, però, dev’essere completa. A un certo punto, Gentile ricorda che Renzo De Felice, riferendosi alle sue ricerche (ci sono anche allievi che diventano maestri dei maestri) nel 1988 affermò che «In ogni caso, una cosa dovrà risultare chiara dall’esito di queste ricerche [quelle di Gentile, appunto]: il fascismo italiano può essere considerato come un regime totalitario e negare questa realtà sarebbe non solo moralmente e politicamente errato, ma la renderebbe storicamente incomprensibile».
In realtà, ‘il grande biografo di Mussolini’, negli ultimi anni, si distaccò sempre di più da Emilio Gentile e da George L. Mosse per avvicinarsi a storici come François Furet e a filosofi come Isaiah Berlin. Nel III Volume degli Scritti giornalistici ’Facciamo storia, non moralismo 1989-1996 (Ed. Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Luni editrice, 2019), l’ultimo dei cinque tomi raccolti, con devozione di discepolo e competenza di provetto studioso, da Giuseppe Parlato, si legge un’intervista di Dario Fertilio, De Felice con Fisichella: «Il fascismo non fu totalitario» («Corriere della Sera», 21 novembre 1994) in cui De Felice, parlando dell’Analisi del totalitarismo di Domenico Fisichella afferma decisamente: «Sono al fianco di Fisichella […] Di totalitarismi ce ne sono stati due: nazista e stalinista. Il caso italiano, per dirla con Hannah Arendt, si può considerare come ‘totalitarismo tronco’, autoritario certo ma senza forme diffuse di totalitarismo. Forse il fascismo non ha voluto, forse non ha avuto materialmente il tempo di svilupparsi in quel senso».
Ma non è quello che ha sostenuto pure Pasquino? Col quale si può certo dissentire ma senza barare al gioco, esibendo mezze verità che diventano «giudizi avventati o non conformi a verità».
Dino Cofrancesco, 9 luglio 2021