La sinistra s’inventa la deriva autoritaria. Non avendo funzionato l’allarme fascismo, quello spauracchio agitato ogni due per tre in campagna elettorale e beatamente ignorato dagli elettori, adesso il nuovo mantra è ripetere sulla stampa amica che Meloni e soci stanno dando il “La” ad un governo “autoritario”.
L’ha detto e ripetuto Romano Prodi in interviste ed interventi pubblicati qua e là come fosse un oracolo del signore. L’ex premier parlava delle nomine Rai: “L’informazione si sta trasformando da duopolio in monopolio”, ha detto Prodi prendendo un bidone enorme e “confessando”, pur senza dirlo esplicitamente, che prima dell’arrivo dell’Ad Roberto Sergio la Rai era una “cosa di sinistra” da contrapporre a Mediaset. Alla faccia del pluralismo. Anni di programmi a senso unico (chi non ci crede, legga qui) e ora che il governo ha nominato i vertici della tv di Stato, come hanno sempre fatto tutti gli esecutivi, Prodi rintuzza accusando di volersi “prendere tutto”, denunciando così un rischio “autoritarismo”.
Non bastando l’occupazione di viale Mazzini, però, negli ultimi giorni ha preso piede un altro spauracchio “autoritario”. Ovvero la decisione di escludere il controllo concomitante da parte della Corte dei Conti sul Pnrr e la proroga fino al giugno 2024 lo scudo erariale. Sempre Prodi la considera una “ulteriore prova” sull’”aumento di autoritarismo nel governo”. Allo stesso modo Debora Serracchiani la vede come “l’ennesimo tassello di una deriva autoritaria”. Vogliamo proseguire? Tino Magni, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, parla di “allergia ai controlli” e di “un’idea autoritaria e proprietaria delle istituzioni” da parte del centrodestra. Per dar maggior colore all’accusa (infondata), Repubblica sforna due pezzi perfetti per sostenere la linea prodiana: “Italia osservata speciale. I limiti alla magistratura ci accomunano a Orban” e “Assalto alla consulta. La destra adotta il “modello Trump” per cambiare la Corte”. Tradotto: Meloni prendere spunto da due puzzoni autoritari brutti e cattivi come Viktor e Donald.
Bufale. Esagerazioni. Che a ben vedere mettono in mostra la mancanza di argomenti della sinistra: bastonata alle elezioni, divisa sui temi che interessano alla gente (Ucraina, utero in affitto, tasse), alla fine della fiera è costretta a tornare sempre lì. All’accusa di fascismo, stavolta sotto le mentite spoglie del presunto “autoritarismo”. Forse ha ragione Matteo Renzi quando dice che “la stampa di sinistra”, ma anche il Pd, “prima o poi dovrà fare i conti con la realtà e non con la narrazione”. E cioè che “l’alternativa a Giorgia Meloni o sarà riformista o non sarà. Il modo per attaccare Meloni è chiederle conto delle sue contraddizioni, non gridare al fascismo. Perché non c’è il fascismo alle porte”.