Il Fatto Quotidiano ormai da giorni ha messo nel mirino Vittorio Sgarbi, con l’accusa di aver percepito denaro in consulenze, prestazioni e mostre in violazione della norma che riguarda i componenti del governo. Intanto ieri il noto critico d’arte è stato indagato per sottrazione fraudolenta e in riferimento all’articolo dal titolo “Rimborso regolare! Ieri l’ha fatto annullare”, a firma di Thomas Mackinson, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” ci tiene a fare alcune precisazioni.
L’estensore del pezzo, oramai aduso alla manipolazione dei fatti, in relazione a una missione a Messina dello scorso settembre scrive che mercoledì 26 ottobre “il suo entourage (quello del Sottosegretario) ha scritto agli uffici competenti chiedendo di annullare la richiesta (di missione), tentando in pratica di ‘cancellare le impronte digitali‘”. Solo la malafede può consentire a un cronista, che è chiamato al rispetto della verità dei fatti, di ribaltare una vicenda limpidissima.
L’Ufficio del Sottosegretario non ha chiesto nessun “annullamento, ma a una precisa sollecitazione dell’Ufficio missione e rimborsi (giunta via mail) ha risposto che non vi erano rimborsi da effettuare, sia per il Sottosegretario che per il Capo Segreteria. Tra l’altro quest’ultimo, come già ribadito in un’altra nota di chiarimento che Il Fatto Quotidiano ha ovviamente censurato insieme ad altri fatti a rettifica delle menzogne scritte, non era a Messina. Solo una dipendente dell’Ufficio, che era regolarmente al seguito del Sottosegretario, aveva chiesto il rimborso di un biglietto del treno da Paola a Roma (per rientrare in sede) ma non gli è stato accordato in quanto l’Ufficio non ha tenuto conto del fatto che il Sottosegretario ha fatto rientro in aereo da Reggio Calabria e quindi anche la dipendente è rientrata a Roma dalla Calabria. Paradossi di una burocrazia che fa a pugni con la logica. Sarebbe forse dovuta rientrare a nuoto dalla città dello Stretto?
La sequenza dei fatti, come si può inequivocabilmente verificare, fa risaltare ancora una volta l’ennesima manipolazione di un giornale che non cerca la verità, ma, come dicono a Napoli, vuole solo fare “ammuìna”, creare confusione, mischiare dati veri ad altri palesemente falsi, gettando ombre e sospetti sull’operato del Sottosegretario e dei suoi collaboratori. Un’operazione che non è giornalismo, ma campagna di delegittimazione condotta da un giornale notoriamente diventato organo ufficiale del Movimento 5 Stelle.
Ma il vero capolavoro della manipolazione sta nell’affermare che gli uffici avrebbero tentato “di cancellare le impronte digitali” delle comunicazioni interne. Affermazione falsa con la quale viene attribuito all’Ufficio del Sottosegretario un comportamento illecito. L’incauto cronista, infatti, omette di scrivere che tutte le comunicazioni interne tra gli uffici avvengono telematicamente, cioè tramite posta elettronica. E che di ogni comunicazione vi è traccia.
Riguardo infine al riferimento alla “figlia della domestica assunta dal Sottosegretario”. A parte il tono sprezzante e anche un po’ razzista con cui Il Fatto Quotidiano pensa di umiliare una persona preparata e scrupolosa, l’autore di questa inutile sottolineatura avrebbe dovuto scrivere che si tratta di una ragazza che parla quattro lingue e che si è brillantemente laureata all’Università La Sapienza di Roma in Marketing e Comunicazione. Una ragazza da indicare a modello, figlia di emigrati, che ha studiato con enormi sacrifici, e a cui è stata data una opportunità non perché “figlia di…”, ma perché ha delle competenze acquisite studiando.
Insomma, non propriamente un “giornalista professionista” (sic) alla Mackinson che non sa distinguere un’associazione privata (la Pro Biennale) dalla Biennale di Venezia. Ma a questo si è ridotto certo giornalismo italiano che costruisce i suoi teoremi sulle lettere anonime.
Vittorio Sgarbi, Sottosegretario alla Cultura