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Il Feyenoord ritira un giocatore per non offendere l’Iran - Seconda parte

Questo è solo l’ultimo esempio di odio nei confronti dello Stato di Israele, esempio di un’inaccettabile situazione che purtroppo sta diventando un’abitudine alla quale in troppi sembrano non fare più caso.

Tutto ciò nello sport non è normale, per disputare le Olimpiadi si fermavano le guerre, e chi si rende protagonista di questi atti dovrebbe essere messo alla berlina e seriamente censurato davanti all’opinione pubblica. La notizia della mancata convocazione del calciatore iraniano non ha avuto l’eco che meritava e, manco a dirlo, non c’è stata la levata di scudi che avremmo probabilmente visto se la cosa fosse successa a parti inverse.

Nel nascondere o ovattare questo tipo di notizie si diventa complici e ci si ricopre di vergogna, vergogna che oltre a colpire la squadra olandese, coinvolgerà anche la UEFA se non prenderà provvedimenti nei confronti delle federazioni che permettono questo stato di cose. Quando si firma un contratto professionistico si gioca dovunque sia necessario e contro chiunque esca nel sorteggio, perché lo sport è sport e non deve essere inquinato dalla politica e dall’odio.

Israele, come tutti in Medioriente, ha i suoi torti e le sue ragioni, ma non ha mai operato discriminazioni nei confronti di nessuno e delle sue minoranze in particolare, dato di fatto che non viene visto solo da chi non vuole vedere.

Molti sono i ragazzi di fede musulmana che crescono nelle squadre giovanili israeliane, e molti di loro, i più bravi, sono arrivati a giocare nella prima divisione, all’estero e anche nella nazionale che ha spesso avuto nella rosa giocatori arabo-israeliani, cristiani, musulmani o di altri credi. Salim Tuama e Mu’nas Dabbur, tanto per fare due nomi, arabo israeliani di fede musulmana, sono cresciuti come atleti in Israele, giocano all’estero e fanno parte della nazionale dello Stato Ebraico.

Michael Sfaradi, 13 settembre 2021

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