Il filo rosso che lega l’arresto di Battisti e il manifesto di Calenda

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1. Il rientro in patria di un criminale comune come Cesare Battisti ha chiuso un periodo di pagliacciate che in Italia dura dagli anni Settanta. Delinquenti comuni da allora sono considerati compagni che sbagliano. Politicamente imbarazzante per i gialloverdi l’arrivo a Ciampino: ridicoli i loro video, le loro parole, le loro battute. Altrettanto ridicoli quelli che hanno stigmatizzato questi comportamenti, grondando disprezzo. Perché hanno dimenticato che la stessa cosa avvenne anni fa con un’altra criminale, certa Silvia Baraldini. Un festival di fake truth in purezza quelle prodotte in settimana, volete sapere perché? Andate a vedere quale era la composizione del governo di allora presieduto da Massimo D’Alema, e vi sarà tutto chiaro.

Chi ha protetto questi criminali comuni? I soliti, la crème de la crème della sinistra birbante: dal politicamente losco François Mitterand al ladrone Lula da Silva (condanna passata in giudicato), agli intellò di ogni ordine e grado. Vedrete che costoro si inventeranno per Battisti una legge tipo Baraldini o una grazia presidenziale (occhio, sarà questo Parlamento a indicare il successore dell’attuale Presidente). D’altra parte Battisti ha subito dichiarato di essere malato e in questi 37 anni di essere diventato una persona diversa, perché lui il suo percorso di ricupero l’ha già compiuto, in autonomia, seppur lontano dal carcere. In effetti da allora non ha più ucciso gioiellieri, macellai, guardie carcerarie. Finirà in un dibattito fra menti giuridiche raffinatissime e la soluzione politicamente corretta salterà fuori, verrà trovato uno straccio di articolo della Costituzione che giustificherà per lui, un povero etilista, un trattamento privilegiato.

2. Non ho ancora letto il Manifesto di Carlo Calenda quindi non posso commentarlo ma, egoisticamente, sono felice che l’abbia fatto, e apprezzo il coraggio nell’uso del termine Manifesto, visto che la storia, fino a ieri, ne registrava solo due degni di questo nome, quello di Gesù e quello di Karl Marx, entrambi ebrei. Immagino che lui si sia ispirato al terzo Manifesto, quello ironico, divertente di Filippo Tommaso Marinetti sul Futurismo. Comunque, sinceri complimenti a Calenda: chi ha sprezzo del ridicolo è uomo intelligente, e lui lo è.

Per me che faccio, in modo scanzonato sia chiaro, l’analista è un enorme aiuto che un politico del suo livello semplifichi in modo così radicale il mio lavoro. Fra Nicola Zingaretti, Matteo Renzi, Carlo Calenda, Paolo Gentiloni e tutti i leader di sinistra, semi estrema, estrema, super-estrema, non sarei riuscito a raccapezzarmi e a seguirli nelle loro giravolte politiche. Invece grazie al Manifesto di Calenda ci sarà un’unica linea politica e finalmente i gialloverdi avranno un’opposizione spietata da sinistra, come da tempo richiedevo. Se ho capito bene (per mie carenze, i suoi tweet e contro-tweet li trovo criptici), Calenda punta a un Rassemblement di un certo ceto politico. Sarà costituito da competenti, colti, educati (immagino sia vietato a chi lo sottoscrive pronunciare l’orrendo “cialtroni” che impazza su Twitter e sui talk) che partendo dalla sinistra estrema arrivi fino al mondo magico della società aperta della mitica Emma Bonino, con l’obiettivo di raccattare un pacchetto di voti pari al 30% (Urca!).

Così a occhio mi sembra tanto, mettiamoci pure tutti i voti di tutte le Ztl d’Italia (compresi portieri, maggiordomi, badanti, addetti alla toelettatura dei barboncini), i parenti delle altissime gerarchie religiose, tutti i gesuiti, alcuni cinquestelle alla Pizzarotti, tutta la cultura e il culturame d’accatto in circolazione, oltre non saprei dove possa andare a pescare. Certo, alcuni slogan sono già pronti, e sono impeccabili: “Porti aperti, cimiteri chiusi” (visto che Jena ha già dettato quello per i giallo verdi “Porti chiusi, cimiteri aperti”). Ma per arrivare al 30% bisogna andare a pescare voti nell’orrendo stagno ove vive la genia dell’analfabetismo funzionale, da sommare a quelli certi della genia dei competenti disfunzionali. Comunque auguri, caro Calenda, ammiro il suo ottimismo della volontà.

3. Perché ho messo insieme questi due episodi apparentemente così lontani? Perché queste sono le nostre élite, questi i loro approcci, questa la loro cultura politica, soprattutto democratica. Temo che l’eccesso di intelligenza di questa classe sociale, ove ci sono molti cari amici ai quali voglio sinceramente bene, anche per queste sbandate, li stia portando fuorigiri, come si diceva prima dell’arrivo della Tesla. Peccato.

Riccardo Ruggeri, 21 gennaio 2019

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