Cultura, tv e spettacoli

Il finto vittimismo di Littizzetto senza più limite al ridicolo

Luciana Littizzetto a Che tempo che fa con Fabio Fazio

Viene una tristezza, una tristezza. Uno sconforto sale, a constare la totale mancanza di dignità, di serietà della Sinistra, con la Destra che le va dietro, si sforza d’andarci d’accordo, di farsi accettare. Viene una mestizia, che uno non vorrebbe più alzarsi dal letto: ottant’anni a protestare contro questa dittatura sotto-culturale, di fumettari, di guitti, a dirsi emarginati, non compresi, a sognare la riscossa, e quando ne hanno l’occasione, tutto quello che sanno fare è adottare il linguaggio imbecille della Sinistra, i suoi stilemi assurdi, i birignao isterici che tradiscono la violenza spaventosa di chi non accetta intromissioni, non tollera subentri, quanto di più avulso dal gioco democratico. E non gli basta, se ne scusano, la politica di questa Destra sembra la seguente: non togliamo nessuno, infiliamo i nostri, raddoppiamo cariche e strapuntini ma non rimoviamo nessuno, neanche quelli che ci vogliono morti e ce lo dicono. E se questi se ne vanno di loro iniziativa, fedeli alla regola del seguire i soldi, noi ci facciamo maledire, ci scusiamo come Fantozzi: com’è umano, lei. Oggi tocca a questa Littizzetto, questa sedicente comica in disarmo, se uno volesse praticare l’umorismo coi suoi codici potrebbe definirla in menopausa comica, che per leggere i testi del qualunquismo di sinistra di un altro che sprizza livore in questi giorni, il Michele Serra dalla pensose occhiaie, ha preso per anni cifre folli alla faccia delle diseguaglianze. Adesso si paragona al papa, o meglio paragona il pontefice, di cui paventa “la cacciata”, a se stessa e al resto delle brigate rosa. Così, senza più limite, neanche al ridicolo.

Patologicamente autoreferenziali, bolsi, vecchi, diciamolo pure, vecchi di militanza, di anagrafe, di compensi; vanno a fare ancora più soldi e ci vanno per calcolo, obbligati da nessuno, in base a logiche di mercato orchestrate dagli impresari ma non gli basta, debbono dare segnali di zelo, nell’invenzione fantastica e vittimistica debbono ricordare a tutti di quale parrocchia sono, a chi debbono la loro fortuna. Con l’acido di chi si sente il padrone delle cose, dalla televisione alla pubblica morale. Ma stia lì questa Littizzetto, stiano lì i Saviano, le Murgia, le Jebreal, che ora teorizzano apertamente la caccia all’uomo: Quelli come Roccella non dovevano farsi vedere, sono una provocazione vivente, vanno stanati anche al ristorante. Lo scrivono e lo ripetono, gli occhi fuori dalle orbite, la schiuma alla bocca, sapendo che nessuno gli ricaccia in gola quel travisamento sistematico della verità, quella lingua di legno di cupa memoria: ricordano uno che, intento a stuprare una donna indifesa, la sente lamentarsi e le dice: vergognati, fascista, mi hai traumatizzato.

Per approfondire

La misura, l’equilibrio dei Lagioia, che davanti a un agguato prima si volta di schiena e poi sparisce e ha pure il coraggio di tratteggiarsi come un eroe, un martire; la successora, la Benini, che gli dice “Bravo, io avrei fatto lo stesso”. Ma è vero o non è vero che le ragazzine esagitate insultavano, arrivando a minacciare, a fare il gesto dell’utero, a scagliare pugni chiusi terribilmente eloquenti, in un tripudio di settantasettismo ammuffito ma che si è deciso dovesse risorgere dal loculo? Lagioia e Saviano hanno mandato certi tweet provocatori sul successo democratico di un Salone ridotto a centro sociale, si comportano come quei bulletti che prima mandano a menarti e poi ti prendono per il culo.

Ma stiano là loro come i Raimo, le Lucarelli e tutto quel circo, sinistro in tutti i sensi, di intolleranti e di fanatici, stiano là i balordi dei fantomatici cambiamenti climatici che si cospargono di fango davanti a Palazzo Madama, così sciamano le telecamere, ma a rimuovere quello degli emiliani se ne guardano bene. Stiano là i vandali coccolati da Che tempo che fa e dalla televisione pubblica e privata quasi al completo. In attesa del salto di qualità che, hanno ragione Punzi e Capezzone, arriverà, fatalmente, fisiologicamente, al che tutti si smarcheranno con malcelata soddisfazione.

A volte le Littizzetto con i suoi sbrocchi, i Fazio con le sue lagne colme di cupidigia non sembrano nemmeno reali: avevano talenti limitatissimi, a essere generosi, conducono vite da nababbi in un paese disperato, insomma gli è andata di extralusso ma non si contentano: per due decenni hanno potuto fare una propaganda di partito sfacciata, scorrettissima, in Rai, continueranno altrove, a un prezzo più alto, e gridano alla persecuzione. Sorretti da improbabili coscienze come Articolo 21 che grida alla deportazione. C’è ancora un senso del ridicolo in questo paese? Intanto Nicola Porro viene prima diffamato, ad arte, in fama di odiatore di Zelensky poi raggiunto da avvertimenti dell’Ordine avendo osato intervistare una viceministro di Zelensy. “Senza contraddittorio”, che è il pretesto più lunare: ogni sera fior di faziosi, da una parte e dall’altra, possono dire le puttanate che vogliono, possono inventare tranquillamente, possono smerdare ogni realtà fattuale nella totale assenza di contraddittorio e si vuol sanzionare un conduttore che ha intervistato un politico ucraino alla presenza di giornalisti che se non sono filoputiniani poco ci manca? No, non ci sta bene. E non ci stanno più bene i piagnistei falsi delle Littizzetto, i loro deliri d’onnipotenza, il loro egocentrismo che usa tutto ma proprio tutto come quinta per le loro rivendicazioni, le loro ambizioni, le loro pretese faustiane e vagamente indecenti.

Max Del Papa, 24 maggio 2023