Pubblichiamo la prefazione di Vittorio Sgarbi al libro “Overgreen – L’altra faccia della rivoluzione verde – Come il ‘Gretinismo’ può distruggere l’economia e i capisaldi della cultura europea” di Salvatore Di Bartolo.
Spesso opere orribili sono state realizzate in nome di una giusta causa. La Resistenza, la lotta contro la mafia o la denuncia delle morti sul lavoro sono diventate l’alibi per imporre pessime sculture e dipinti dilettanteschi: chi non applaude vuol dire che è un fascista, un mafioso o un cinico insensibile. Invece le buone cause devono essere difese da un talento artistico capace di essere all’altezza della qualità della causa, altrimenti non fa loro un omaggio, ma un oltraggio. Ancora più grave è l’allarme lanciato da Salvatore Di Bartolo, il quale non nega che l’industrializzazione e il progresso tecnico scientifico abbiano danneggiato l’ecosistema, e anzi afferma l’importanza di salvaguardare il pianeta e la necessità di politiche ambientali, ma si ragiona in punto di logica e di buonsenso, contro il conformismo autolesionistico di un’Europa senza anima e dalle idee confuse. Lottare contro i cambiamenti climatici e il degrado ambientale non deve significare distruggere la nostra identità, fondata nell’arte, nella tradizione e nella storia di cui siamo nutriti. Solo da una cultura “vuota dall’interno”, come la definì Benedetto XVI, possono nascere gli scombiccherati progetti per un “futuro ecosostenibile” che Di Bartolo prende di mira in questo suo libro, ispirato da un ragionevole pragmatismo. Progetti tutti indirizzati a sconvolgere la vita quotidiana di ognuno di noi, oltretutto senza vantaggi significativi per le comunità’.
La conversione forzata all’auto elettrica minaccia un incremento dei disoccupati e il grave problema delle batterie da smaltire. La ristrutturazione del 75% delle nostre case per il cosiddetto “efficientamento” energetico prevede una spesa di oltre un miliardo e mezzo di euro per ridurre le emissioni nocive di un ridicolo 0,11%. I cibi saranno divisi tra buoni e cattivi, attraverso etichette con colori (dal verde al rosso) e lettere (dalla A alla E) come quelle sui pacchetti delle sigarette, che metteranno in guardia dall’olio, dal formaggio e dal vino per indirizzarci verso le carni in provetta, i prodotti sintetici e le proteine del futuro: gli insetti. Perfino i morti dovranno avere la sepoltura “green”: un compostaggio del cadavere immerso nel materiale organico per concimare giardini e terreni, già anticipato dal Decameron di Giovanni Boccaccio, con la testa dell’amante di Lisabetta da Messina sepolta nel vaso di basilico. Di Bartolo vede nella “zavorra ideologica” dell’ecologismo il peggio di due fedi tramontate, quella religiosa e quella marxista: perché la religione ecologica si dimostra così poco umanistica da amare la natura e odiare l’uomo. Allo slogan dello sviluppo sostenibile, Di Bartolo contrappone quello di un ambientalismo sostenibile. Il resto è autolesionismo antioccidentale.
Vittorio Sgarbi
SALVATORE DI BARTOLO:
Laurea in Economia nel 2015 presso l’Università degli Studi di Messina, è docente di istituti di istruzione superiore, dottore commercialista e revisore legale. Dal 2021 è docente del dipartimento di studi politici, costituzionali e tributari della Federiciana Università Popolare. È inoltre analista politico-economico su diverse riviste e testate tra cui “Nicolaporro.it” e il “Nuovo Giornale Nazionale”, ed ospite opinionista in trasmissioni radio e tv. Ha pubblicato per Aracne “Metamorfosi politica” (2022) e per La Bussola “La grande utopia” (2022) e “Falsa rivoluzione” (2023).
SINOSSI:
La lotta ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale rappresenta una delle maggiori sfide per l’umanità nel ventunesimo secolo. Una vera e propria missione, da anni al centro dell’agenda politica dei governi di tutto il globo (o quasi), che vede coinvolte in prima fila l’Europa e le istituzioni comunitarie, impegnate nell’attuazione dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. In quest’ottica, la Commissione europea si è posta l’ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Intento nobile ed ambizioso, per carità. Ma quale sarà il prezzo da pagare per perseguire la piena sostenibilità ambientale? E quali le ricadute sul piano socio-economico? Molti e ancora indecifrati restano gli interrogativi che aleggiano attorno alla rivoluzione verde. La posta in gioco è altissima: ad essere a repentaglio sono l’economia e il futuro di un’Europa sempre più svuotata e ormai in perenne crisi d’identità e di valori. E non solo. Anche i capisaldi della cultura occidentale rischiano tragicamente di crollare sotto le invettive dei profeti della nuova ideologia dominante, del nuovo “oppio dei popoli”, di quell’autentica religione civile che conta ormai più proseliti d’ogni altra religione d’Occidente: l’ecologismo.