In Usa si sono spalancate le porte dell’antisemitismo. A partire dal 7 ottobre scorso gli episodi registrati di odio antiebraico sono cresciuti del 400%. Non parliamo solo dei cartelli osceni esibiti nei cortei pro-Palestina, o degli slogan contro Israele nelle università. Parliamo di Samantha Woll, presidente della sinagoga di Detroit, da sempre molto attiva nella promozione del dialogo con il mondo musulmano, trovata uccisa a coltellate il 20 ottobre. Parliamo delle centinaia di episodi di aggressioni verbali e fisiche contro gli ebrei delle grandi città, tanto che la polizia di New York ha annullato un’esercitazione programmata da tempo per disporre di tutti gli agenti a protezione dei quartieri ebraici. Non si contano le foto degli ostaggi strappate dalle loro sedi, sinagoghe imbrattate con insulti e svastiche.
Proprio per questo la vicepresidente Kamala Harris, in un discorso accorato ieri pomeriggio, ha spiegato come l’amministrazione Usa intende affrontare questa ondata di odio: “L’amministrazione Biden-Harris sta sviluppando la prima vera strategia nazionale per contrastare l’islamofobia”. Ora, prima di discutere su quanto il tempismo sia tutto nella vita, urge un appello da parte della stampa di tutto il mondo: la preghiamo, signora Kamala, le campagne elettorali americane sono una pacchia, sondaggi, dibattiti, colpi di scena, perché vuole servire la vittoria a Trump su un piatto d’argento? Ci faccia stare un po’ sulle spine, almeno.
Nessuno nega che la discriminazione delle minoranze religiose sia un problema da contrastare in ogni sua forma, ma proprio nelle settimane in cui nelle strade in migliaia scorrazzano con la kefiah urlando “yalla yalla” e le scuole ebraiche restano chiuse per precauzione durante le “giornate della rabbia” non sarebbe sbagliato calcare il concetto che, forse, ad oggi, il problema principale sembra essere un altro.
Purtroppo tanti liberal Usa, esattamente come quelli europei, quando c’è di mezzo l’antisemitismo non ce la fanno proprio a prendere di petto l’argomento, e menano il can per l’aia sulle concause e l’odio in generale. Forse dovremmo credere al ventunenne Lenny De La Rosa, arrestato a New York per aver imbrattato tre sinagoghe e l’ambulanza di un ospedale ebraico, che in sostanza ha detto al giudice di non rompergli le scatole perché: “È il mio lavoro. Sono un artista”. Un genio da arruolare nelle fila dell’Onu al più presto.
Pietro Molteni, 3 novembre 2023