Politica

Il giallo dell’auto di Giambruno: finti 007 o spie su Meloni?

Due persone pizzicate ad armeggiare intorno all’auto dell’ex compagno del premier. Due le piste investigative, tanti gli imbarazzi

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In una serata autunnale a Roma, un episodio che inizialmente sembrava rientrare nelle comuni vicissitudini cittadine, ha presto rivelato contorni più oscuri, intrecciando la sfera privata con le ombre della politica e dell’intelligence. L’auto di Andrea Giambruno, giornalista noto anche per la sua relazione con la premier Giorgia Meloni, è stata al centro di una tentata effrazione che ha sollevato sospetti e interrogativi ben oltre la semplice criminalità.

Il mistero dietro l’atto vandalico

Ciò che era stato catalogato come un tentativo di furto d’auto ha assunto una dimensione più intricata quando si è ipotizzato che dietro l’azione vi fossero agenti segreti. La situazione ha suscitato l’attenzione non solo della stampa ma anche delle autorità statali, vista la delicatezza delle persone indirettamente coinvolte, tra cui la stessa leader del governo italiano.

Dettagli e sospetti emergenti

L’episodio ha preso il via quando, sotto l’abitazione romana della Meloni, la sicurezza incaricata della protezione della premier ha intercettato due individui intenti a manomettere il veicolo di Giambruno. Interrogati sul posto, questi si sono qualificati come appartenenti alle forze dell’ordine, esibendo documenti di identificazione che hanno convinto gli agenti a lasciarli andare senza ulteriori accertamenti. Uno degli agenti di scorta, però, si è segnato nomi e numero di targa. E da lì sono partite le indagini.

Svolte investigative

Le verifiche successive hanno rivelato che i due sospetti potrebbero essere stati agenti dell’Aisi, l’intelligence interna italiana, solitamente addetti alla sorveglianza di figure di alto profilo come la premier. Questa informazione ha innescato una serie di domande sulla reale natura del loro interesse verso l’auto di Giambruno, portando l’Aisi ad avviare una verifica interna e a decidere il trasferimento dei due agenti in sedi estere, specificatamente in Tunisia e in Iraq.

La posizione ufficiale del governo

Di fronte alle crescenti speculazioni, il governo, per voce di Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai servizi segreti, ha cercato di smorzare le tensioni. Mantovano ha assicurato che le verifiche hanno escluso qualsiasi implicazione degli apparati di intelligence nell’accaduto, sottolineando come la sicurezza del Presidente del Consiglio non sia mai stata in pericolo. Queste affermazioni hanno parzialmente placato le acque, nonostante restino perplessità riguardo al trasferimento repentino dei due agenti.

Approfondimenti e risultati delle indagini

Ulteriori approfondimenti hanno dimostrato che i due individui coinvolti erano effettivamente in altro luogo al momento dell’incidente, allontanando l’ipotesi di un loro diretto coinvolgimento. Si è giunti alla conclusione che dietro l’atto vi fosse un criminale del luogo, già noto alle forze dell’ordine per precedenti illeciti, senza alcun collegamento con operazioni di spionaggio.