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Il governo sta aprendo troppo alla Cina. Sei indizi lo confermano

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Primo indizio: la missione cinese di qualche mese fa di Luigi Di Maio, notata dai media italiani solo per la tarantella sul biglietto aereo “economy”. Secondo indizio: i viaggetti del sottosegretario Michele Geraci. Terzo indizio: la sempre maggiore volontà cinese di entrare nel sistema portuale italiano (a partire da Trieste). Quarto indizio: le oscillazioni grilline sul decisivo tema del “5G”. Quinto indizio: l’ormai prossima mega-visita in Italia del presidente cinese Xi. Sesto (e decisivo): con rare eccezioni, la disattenzione dei giornaloni, anzi la scelta di un’apparente disattenzione, che in realtà vuol dire incoraggiamento, ovviamente nella direzione sbagliata.

Stiamo parlando di un tema che dovrebbe essere centrale, dibattuto, strategico: e invece fatica a emergere. Sono le pericolosissime oscillazioni geopolitiche dell’Italia, con forze (gli spezzoni dell’attuale ceto politico, grillini in testa, appaiono più pupi che pupari) che spingono Roma verso un avvicinamento eccessivo nella direzione di Pechino.

È un errore drammatico. Un conto (e ciò è sacrosanto) è cercare buoni affari e individuare nuovi mercati per l’export italiano; altro conto (e ciò sarebbe invece drammatico) è uno spostamento dell’asse geopolitico italiano, accompagnato dall’apertura a Pechino di settori ultrasensibili.

Nella mia vita precedente, quattro anni e mezzo fa, fui l’unico parlamentare a interrogare il governo, qualche anno fa, sull’ingresso di China State Grid (società di stato cinese), fatta stranamente entrare nella “scatola” strategica di Cdp reti. Ovviamente nessuno rispose. Ma si trattava di un minuscolo antipasto rispetto a ciò che sta per accadere oggi.

Quarantott’ore fa, ci ha “avvisato” anche un tweet del National Security Council americano. Serve altro per capire? L’Italia deve stare sempre più nell’asse atlantico: poi, in quel contesto, e concordando ogni scelta con Washington, può giocare un ruolo nei confronti di Pechino o di Mosca. Ma dare la sensazione di una collocazione incerta, ambigua, equidistante, sarebbe un errore dalle conseguenze pesantissime.

Daniele Capezzone, 11 marzo 2019