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Il grande bluff degli aiuti alle imprese

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Avete presente la conferenza stampa di lunedì scorso? Quella in cui la coppia Conte&Casalino hanno annunciato la bellezza di 750 miliardi di liquidità in più per le imprese. Con decreto che solo dopo tre giorni abbiamo visto pubblicato in gazzetta ufficiale? Si tratta di poco più di uno show. Per carità magari ci sono anche delle buone intenzioni, ma sotto al vestito c’è poco o niente. E non parliamo delle difficoltà burocratiche per ottenere le risorse e neanche dei rapporti con le banche che diventerebbero sostanzialmente dei broker di quattrini pubblici: partono dallo Stato e tramite filiali arrivano alle piccole imprese.

Basta leggere la relazione tecnica allegata e vedere quanto costerà alle casse pubbliche questa erogazione miliardaria: 20 milioni di euro. Avete letto bene altro che miliardi di miliardi. Per i tecnici il finanziamento necessario per coprire una parte importante del decreto è ridicolo e pari, per fare un paragone, ad un quinto delle elargizioni private (pari a cento milioni di euro) che ha ottenuto la protezione civile e che non sa bene come spendere. Ma questo è un altro discorso. Ritorniamo sul prestito alle piccole imprese che in modo più o meno automatico, a sentire lo show, potranno ottenere 25 mila euro di prestiti. E molliamo per un attimo la sacrosanta polemica dei piccoli che non riescono a capire bene perché indebitarsi ancora.

Primo punto. La previsione di un prestito per le piccole imprese, con ridotte istruttorie, è previsto già da tre anni (se volete essere precisi dalla legge 6 marzo del 2017). Il fondo centrale di garanzia sin dal 2017 dava l’80 per cento delle garanzie appunto. Diciamo che con il decreto show è stato potenziato al 100 per cento delle garanzie. Bene, meglio di niente. O come ha detto il consigliere delegato di Intesa San Paolo, Carlo Messina, l’ottimo è il nemico del bene. Ma c’è un piccolo problema: quanto potrà garantire questo fondo.

Facciamola semplice. Ogni euro di patrimonio del fondo può garantire 14 euro (più o meno, questo è il cosiddetto effetto leva). Il che vuol dire che 20 milioni messi in campo dallo show di Conte, valgono 280 milioni di prestiti aggiuntivi erogabili dal fondo (che era però stato rimpolpato dal precedente decreto). Sapete cosa vuole dire tutto ciò? Semplice Watson: non ci saranno soldi (prestiti) per tutti.

Quando andrete dalla banca e passerete il vaglio per ottenere il prestito, ci sarà la possibilità che questi soldi non vi vengano erogati. Quanto è remota questa possibilità? Dipende dal patrimonio del fondo e soprattutto dalla corsa agli sportelli dei piccoli imprenditori. Pensate che casino per le banche stesse, che si potrebbero trovare nella condizione di spiegare ai propri correntisti che sì la loro pratica è stata accettata, ma che devono aspettare di vedere che il fondo non abbia impegnato tutto il suo patrimonio in garanzia a richieste precedenti. Il meccanismo è molto simile, se ci pensate, ai 3,9 milioni di italiani che hanno fatto richiesta all’Inps dei 600 euro. Se continua così non è detto che tutte le richieste verranno soddisfatte: il presidente dell’Inps aveva in un primo tempo parlato di click day e poi lo stesso sito aveva indicato una modalità di erogazione cronologica, per poi cancellarla.

Con gli annunci roboanti non si va da nessuna parte e soprattutto al supermercato. Ci si avvicina a Caracas, con tutto il rispetto, più che a Berlino o Parigi.

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