Dopo che su Massimo Cacciari e Giorgio Agamben era calato il marchio dei “no vax” per via di un loro intelligente intervento sulla limitazione della libertà in onore della lotta al coronavirus, il filosofo veneto ha preso carta e penna per cristallizzare meglio il suo pensiero. In un lungo articolo, pubblicato sulla Stampa e che noi riassumiamo in sei punti, ha demolito i talebani del green pass rilanciando l’allarme sul “segnale di pericolo” che il passaporto esprime.
1) La prima questione riguarda quello “stato di eccezione” sui diritti che da tempo “condiziona, indebolisce, limita libertà e diritti fondamentali”. Il green pass, scrive Cacciari, è solo l’ultima “norma confusa” e contraddittoria emanata dal governo. Perché istituirlo poco dopo le feste per l’Europeo (con tanto di “rave party” a Palazzo Chigi)? E perché considerarlo così urgente “se la campagna di vaccinazione procede a ritmi” spediti? Entro settembre la maggioranza degli italiani avrà la sua dose, eppure imponiamo lo stesso il pass. “Non bastano i vaccini? Si teme che non funzionino?”, si chiede Cacciari. Perché così il passaporto “diventerebbe null’altro che un mezzo surrettizio per prolungare all’infinito – magari con vaccinazioni ripetute – una sorta di micro lockdown”.
2) Secondo appunto: il green pass rischia di portare alla “deriva” di una “società del sorvegliare e punire”. Perché “ogni provvedimento che discrimina tra cittadini” lede i principi della democrazia.
3) Terzo: essere contrati al green pass, o anche solo dubbiosi, non significa essere “no vax”. Anzi: è gravissimo, dice Cacciari, che “sotto tale etichetta la stragrande maggioranza della stampa e dei media facciano un mucchio di qualsiasi opinione critica”. Questo sì che è “discriminare”.
4) Il filosofo si pone poi alcune domande. E le rivolge a chi si schiera fideisticamente a favore della vaccinazione obbligatoria o delle restrizioni in stile green pass. Primo: “Che cosa ne pensa la Scienza del documento integrale Pfitzer in cui si dice apertamente che non è possibile prevedere gli effetti del vaccino a lunga distanza, poiché non si sono potute rispettare le procedure previste (solo 12 mesi di sperimentazione a fronte degli anni che sono serviti per quello delle normali influenze)?” Secondo: “Risponde alla realtà o no che i test per stabilire genotossicità e cangerotossicità dei vaccini in uso termineranno solo nell’ottobre del ’22? ”. Terzo: “È vero o no che mentre lo stesso ministero della Sanità ha dichiarato che la somministrazione del vaccino è subordinata a condizioni e in via provvisoria, nessun protocollo è ancora stabilito per quanto riguarda soggetti immunodepressi o con gravi forme di allergia?”. Quarto: “Vero o falso che sono aumentati in modo estremamente significativo i casi di miocarditi precoci in giovani che hanno ricevuto il vaccino?”.
5) Per Cacciari inoltre sui vaccini occorre garantire una “scelta consapevole”. Non puntare sulle imposizioni. Il filosofo cita infatti lo scienziato R.W. Malone: visto che “il governo (si riferiva a quello americano) non è trasparente su quali siano i rischi”, allora “le persone hanno il diritto a decidere se accettare o no i vaccini”. Senza che i giornalisti puntino il dito e affibbino l’etichetta infame di “no vax”.
6) La riflessione si chiude infine sulle questioni giuridiche. In punta di diritto, sarebbe legittima un’imposizione vaccinale? In fondo “esistono molte altre malattie infettive”: prevederemo “il green pass anche per morbillo, scarlattina, tosse cattiva?”. Cacciari ha molti dubbi: “La norma che impedisce di salire su un treno con la febbre varrà da qui all’eternità? Dichiareremo fuori legge l’aver febbre, non importa se per aver contratto la peste o per una indigestione? Metteremo nella carta d’identità le nostre condizioni di salute?”.
Tutte considerazioni su cui sarebbe corretto riflettere. Magari liberamente. Senza rischiare di essere bollati come “no vax” o “populisti da marciapiede“.