Misure statali temporanee sono diventate misure statali permanenti. Lo stesso green pass, anche se non obbligatorio dal primo maggio in alcuni luoghi chiusi, come bar o alberghi, rimane pur sempre sospeso, non eliminato: la validità del lasciapassare è stata prorogata, in sede europea, (almeno) fino all’estate del 2023. Probabilmente, attraverso il ricorso a magia nera e riti voodoo, le istituzioni comunitarie già conoscono l’evolversi della situazione pandemica fra un anno e mezzo.
Per ultimo, in Parlamento, sono stati depositati due disegni di legge costituzionale, volti ad inserire lo “stato di emergenza” nella Carta del ‘48. Il primo del Pd, a firma Ceccanti, a modifica dell’articolo 55; il secondo della Lega, a firma Tomasi e Molinari, a modifica dell’articolo 78. Ed ecco che lo strumento d’eccezione per eccellenza trova la sua normalità anche nella fonte di diritto più importante, affiancandosi a principi assoluti come uguaglianza, lavoro, libertà, sovranità.
“Sovrano è chi decide sullo Stato di eccezione”, ricordava Schmitt. Le progressive modifiche normative, che stanno trasformando la temporaneità in definitività, rappresentano sempre lo specchio del sentimento popolare. Oggi, la mascherina è indossata anche in assenza di obbligo; ormai, è abitudine esibire al gestore di un ristorante la propria certificazione verde; in milioni di italiani vige ancora un sentimento che mescola ansia e paura alla visione di assembramenti.
Nel tempo, green pass e stati di eccezione diverranno sempre più comuni, quotidiani, strumenti di cui ne faremo un uso automatico ed immediato. Nulla può escludere che verranno applicati anche in una prossima emergenza, magari quella ambientale. Il monito sarà sempre lo stesso: “Chiudere oggi per salvare il pianeta”. Ed ecco che si darà inizio al secondo capitolo di 1984.
Matteo Milanesi, 3 maggio 2022