C’è poco da fare: gli statalisti rimangono pur sempre statalisti. Soprattutto in tempo di pandemia.
Tutto ciò che doveva costituire l’ensemble di misure temporanee per momenti straordinari si sta rivelando la regolarità, la quotidianità, la nuova normalità. Le mascherine non sono più una restrizione, il loro obbligo non è più un’autoritaria imposizione pubblica; è, invece, un nuovo stile, un neonato look, “un accessorio di moda”, Pregliasco docet. Addirittura, così come affermato da Repubblica, anche lo stesso green pass è ormai “vintage come il vecchio gettone telefonico”.
Se dovessimo riportare George Orwell e la sua grande opera 1984 ai giorni d’oggi, una frase su tutti potrebbe riassumere la libidine di certa stampa per le restrizioni pandemiche: “La libertà è schiavitù”. Ebbene sì, per lunghi mesi, tutte quelle misure che hanno limitato la vita sociale degli italiani, dai lockdown ai distanziamenti, e che hanno portato milioni di cittadini a perdere il lavoro o a chiudere i battenti della propria attività imprenditoriale, sono state presentate come l’unico mezzo attuabile in momenti emergenziali.
Poco importa se Paesi come la Corea del Sud e gran parte delle repubbliche asiatiche non abbiano adottato un modello di restrizioni severe, cercando piuttosto di circoscrivere i positivi attraverso l’uso della tecnologia, senza chiudere in casa l’intera popolazione. Tutto ciò non deve essere d’esempio: l’unica opzione ha sede ad oltre diecimila chilometri di distanza ed è una dittatura comunista che ha come capitale Pechino.
Il famoso modello cinese ha trovato spazio anche in Occidente, la democrazia ha lasciato spazio al democratismo, la libertà al controllo esasperato. “Chiudere oggi per riaprire domani”; “Chiudere per salvare il Natale”; “Prudenza per non tornare in lockdown” sono solo alcune delle frasi più emblematiche che ci hanno accompagnato in questi ultimi due anni. Puntualmente, ogni volta pronunciate da analisti o leader politici, pochi mesi dopo, rimanevano parole al vento, sbugiardate dalla realtà dei fatti, meme da condividere mentre si guardava il cielo, ancora una volta, dalla finestra di casa. In quarantena.
Lo scenario, secondo cui la pandemia avrebbe potuto essere affrontata anche da una società aperta, pare essere l’opinione più politicamente scorretta di oggi, relegata al negazionismo ed alle più grandi tragedie della storia dell’umanità.
Ancora oggi, con oltre il 90 per cento della popolazione vaccinata e l’occupazione delle terapie intensive al 4 per cento, chi chiede l’eliminazione di tutte le restrizioni rimane etichettato come sprovveduto, imprudente, negazionista, appunto. Mentre tutti gli altri Paesi europei hanno ripreso stabilmente la vita pre-2020, l’Italia rimane incatenata alle pretese da Covid zero di Roberto Speranza e di qualche virologo che ben si è compiaciuto nei salotti dei talk show nazionali.
Misure statali temporanee sono diventate misure statali permanenti. Lo stesso green pass, anche se non obbligatorio dal primo maggio in alcuni luoghi chiusi, come bar o alberghi, rimane pur sempre sospeso, non eliminato: la validità del lasciapassare è stata prorogata, in sede europea, (almeno) fino all’estate del 2023. Probabilmente, attraverso il ricorso a magia nera e riti voodoo, le istituzioni comunitarie già conoscono l’evolversi della situazione pandemica fra un anno e mezzo.
Per ultimo, in Parlamento, sono stati depositati due disegni di legge costituzionale, volti ad inserire lo “stato di emergenza” nella Carta del ‘48. Il primo del Pd, a firma Ceccanti, a modifica dell’articolo 55; il secondo della Lega, a firma Tomasi e Molinari, a modifica dell’articolo 78. Ed ecco che lo strumento d’eccezione per eccellenza trova la sua normalità anche nella fonte di diritto più importante, affiancandosi a principi assoluti come uguaglianza, lavoro, libertà, sovranità.
“Sovrano è chi decide sullo Stato di eccezione”, ricordava Schmitt. Le progressive modifiche normative, che stanno trasformando la temporaneità in definitività, rappresentano sempre lo specchio del sentimento popolare. Oggi, la mascherina è indossata anche in assenza di obbligo; ormai, è abitudine esibire al gestore di un ristorante la propria certificazione verde; in milioni di italiani vige ancora un sentimento che mescola ansia e paura alla visione di assembramenti.
Nel tempo, green pass e stati di eccezione diverranno sempre più comuni, quotidiani, strumenti di cui ne faremo un uso automatico ed immediato. Nulla può escludere che verranno applicati anche in una prossima emergenza, magari quella ambientale. Il monito sarà sempre lo stesso: “Chiudere oggi per salvare il pianeta”. Ed ecco che si darà inizio al secondo capitolo di 1984.
Matteo Milanesi, 3 maggio 2022