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Il liberalismo è malato: ecco i sintomi

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Il tabaccaio mi ha annunciato che i miei sigari preferiti sono aumentati di ben 50 cent. Così, di botto. Nottetempo i padroni dell’ovile hanno deciso di aggredire forse l’unico piacere rimasto a chi è restato senza niente. Anche se mi vergogno, andrò al grass-shop per vedere se analogo trattamento è calato sulla cannabis «a scopo ricreativo».

Democrazia totalitaria

Riflettendo, però, ho capito: i nostri capi hanno visto che, a Milano per esempio, il pm10 è aumentato malgrado la ridotta circolazione delle auto causa lockdown. Allora si son detti che la colpa dev’essere del tabacco, e hanno vietato di fumare pure all’aperto. Eh, son giacobini, seguaci dei «virtuosi» Robespierre e Saint-Just. Ex sessantottini, dal «vietato vietare» sono arrivati al «tutto vietato». Vichiana eterogenesi dei fini? No, coerenza. Che la democrazia possa diventare totalitaria è stato già osservato. E che il liberalismo pendoli fatalmente tra anarchismo e totalitarismo pure. Forse è stato meno osservato che, se il liberalismo va in discesa, in fondo c’è il Comitato di Salute Pubblica.

Prendete la libertà di espressione, per esempio. La storia insegna che qualcuno pensa di poter fermare il processo rivoluzionario dove dice lui, ma è vano. Il liberalismo cominciò appunto come rivoluzione. Poi dovette mettere paletti costituzionali coi divieti di «apologia», «ricostituzione» e «negazionismo». I tedeschi, causa il loro complesso di colpa, furono i primi a somministrare la galera a chi «negava». E comandava un partito democristiano. Da noi, idem: la Legge Mancino. Crepa nella diga, ed ecco la valanga di divieti politicamente corretti su parole fin lì pacifiche. Il marxismo culturale, anche qui, parte dagli States, e l’oligopolio dei social ormai è in grado di zittire pure il Presidente (l’uomo più potente del mondo, era).

Liberalismo al capolinea

Infatti, la Sinistra gramsciana (pochi lo sanno, ma Gramsci è uno degli autori più studiati negli Usa) ha sempre privilegiato l’occupazione dei media e dello spettacolo: nella democrazia di massa l’opinione pubblica è tutto e diventa voto. Come spiegava Orwell, modificando le parole si modificano i concetti. E le menti, così che finisci col disprezzare ciò che viene decretato disprezzabile e col farti piacere quel che prima ti faceva schifo. Chiamatela Finestra di Overton o come volete, ma il finale è che il liberalismo muore strangolato dai suoi stessi princìpi.

Nell’Ottocento la Chiesa, col vituperato Syllabo, aveva avvertito. E Fanfani nel 1974 ribadiva: «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali». Infatti. Per quanto riguarda l’aborto, negli Usa «patria delle libertà» siamo a quello «al nono mese» o addirittura «a nascita parziale», col medico che, degno erede dei giacobini, letteralmente ghigliottina l’indesiderato. Di fronte, poi, a chi elimina un figlio non voluto c’è chi fai i salti mortali per averne uno a tutti i costi, e ne ha «diritto», anche se omo, anche se deve farselo fabbricare su misura da terze gestatrici.

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