Il libero pensiero è (di nuovo) in terapia intensiva

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Negli ultimi tempi, il libero pensiero non sembra godere di ottima salute. Se lo intendiamo come “l’uso dell’intelligenza nel tentare di scoprire il significato di qualsivoglia asserzione, nell’esaminare la natura delle prove a suo favore o ad essa contrarie, e nel giudicarla in base alla forza o alla debolezza delle prove”, è innegabile che esso sia uscito notevolmente indebolito dalla pandemia e dalla criminalizzazione di ogni posizione dissenziente, anche quella che si limita a sollevare dubbi ragionevoli, che ne è seguita. Riscoprire Discorso sul libero pensiero (Liberilibri) di Anthony Collins può essere un utile esercizio di vigilanza sulla questione.

Gli avversari di Anthony Collins, nell’Inghilterra del Settecento, non erano esattamente provvedimenti governativi limitanti la libertà degli individui: piuttosto una religione organizzata, che per la sua sopravvivenza contava sull’imposizione di dogmi e sulla condanna severa di ogni divergenza o questionamento, considerando il libero pensiero una minaccia per il mantenimento dello status quo, preoccupazione dissimulata in apprensione per il destino delle anime e per la loro salvezza.

Nell’opera di Collins, tuttavia, la rivendicazione del diritto al libero pensiero non passa per un’opposizione netta al contenuto del messaggio evangelico, tantomeno approda a un intransigente ateismo. Collins è anzi un deista: la libertà di pensiero supporta la fede, in quanto essa può essere autentica solo se corroborata e sostenuta da una ricerca libera dell’individuo, il quale solo se vi perverrà con il proprio intelletto potrà riconoscere i veri attributi di Dio. Qualora la possibilità di condurre una così personale indagine venga preclusa, si ottengono in cambio solo idolatria, fanatismo e superstizione: una fede che altro non è che bieco fideismo e timore. In tal senso esercitare il libero pensiero e opporsi al principio di autorità è innanzitutto un dovere, sinonimo, in un’ultima analisi, dell’agire virtuoso. Ciò che Collins insegna, dunque, è che il libero pensiero non è contraddistinto dai contenuti e dalle sue conclusioni, ma dal modo in cui questi vengono raggiunti.

Il saggio di Collins è una trattazione dal ritmo serrato; un’esposizione sistematica di un dibattito che non si dilunga in divagazioni teoriche ma, sorretta da un’ampia casistica e da un’opportuna documentazione, smonta una ad una le obiezioni. In questo, Discorso sul libero pensiero è senz’altro forte del legame col suo tempo. Ma lascia anche in eredità un memento sempreverde: l’osservanza coattiva di norme e regole, quand’anche considerata giusto mezzo per il raggiungimento di un nobile fine, o presunto tale, come il bene pubblico, ha in realtà sempre effetti collaterali significativi, quali una moralità cieca alle proprie ipocrisie, assieme a una certa sonnolenza intellettuale, per cui il libero pensiero è sacrificato a favore della viziosa e oziosa obbedienza.

Le considerazioni di Collins, più che mai aderenti al presente, suggeriscono che, mutatis mutandis e citando l’Introduzione di Carlo Nordio, «il libero pensiero non si è ancora definitivamente affrancato dai condizionamenti del fanatismo» ed «è oggi sottoposto alle aggressioni di una nuova intolleranza, resa più pericolosa, e più incontrollabile, dall’imprevedibilità di strategie suicide […] unite dall’odio e dal disprezzo verso la nostra democrazia».

Liberilibri, 14 febbraio 2022

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